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MENOPAUSA SINTOMI A LUNGO TERMINE: MALATTIE CARDIOVASCOLARI (CVD)
Prima della menopausa le donne presentano un minor rischio rispetto agli uomini di sviluppare aterosclerosi. Dopo la menopausa il colesterolo LDL (il cosidetto colesterolo cattivo) tende ad aumentare e a depositarsi nell'intima dei vasi predisponendoli all'aterosclerosi e quindi, a questo punto, le donne vengono a presentare gli stessi rischi degli uomini.
La terapia ormonale in qualche modo è in grado di attenuare questo effetto?
Gli estrogeni agiscono come potenti ANTIOSSIDANTI e quindi prevengono l'ossidazione del colesterolo LDL, dannoso per le cellule endoteliali in quanto, causando un'aggregazione delle piastrine con fattori mitogeni, determinano la proliferazione delle cellule all'interno della parete vascolare, inducendo un'attività PROCOAGULANTE. Gli estrogeni hanno pertanto un ruolo importante nel mantenere l'integrità dell'endotelio in quanto hanno un effetto benefico sui livelli di colesterolo HDL (cioè il colesterolo buono).
Le alterazioni delle pareti vascolari di tipo aterosclerotico possono comportare varie conseguenza di cui ricordiamo:
Un aumento della Pressione Arteriosa;
Un aumento del flusso ematico periferico;
Un aumento della possibilità di trombosi arteriosa;
Un aumento della mortalità cardiovascolare correlata.
La menopausa, con la relativa carenza estrogenica, a sua volta aumenta il rischio di trombosi con tre principali meccanismi in quanto:
Si può venire a determinare un danno dell'endotelio vascolare (l'endotelio è responsabile del mantenimento dell'omeostasi);
Si può avere una stasi del sangue circolante;
Possono venire a determinarsi dei cambiamenti del meccanismo della coagulazione (per la prevalenza di fattori che favoriscono la coagulazione, a sfavore di quelli che favoriscono la fibrinolisi).
Sono comunque da valutare anche altri fattori addizionali che potrebbero ulteriormente aumentare il rischio di trombosi e che sono:
DIFETTI GENETICI: il 3% delle donne eredita un fattore V (di Leiden) anomalo che è un fattore coagulante, resistente alla proteina C reattiva mediante l'attivazione di un anticorpo che inattiva il fattore V. Nelle donne con anamnesi familiare positiva per la presenza di fattore V di Leiden il rischio di trombosi aumenta di circa il 30% per cui ad esempio è assolutamente controindicato l'uso di contraccettivi orali;
IPERTENSIONE;
VENE VARICOSE;
FUMO;
OBESITÀ;
VITA SEDENTARIA;
STRESS;
FRATTURA DEL FEMORE
CANCRO;
OSPEDALIZZAZIONE;
INTERVENTI CHIRURGICI.
In ogni caso l'uso dell'ASPIRINA e delle STATINE può proteggere dalla trombosi.
GLI EFFETTI CARDIOVASCOLARI DEGLI ESTROGENI SI ESPLICANO IN QUANTO ESSI:
Aumentano il flusso ematico;
Abbassano la Pressione Arteriosa;
Diminuiscono l'incidenza di angina pectoris e di "claudicatio intermittens";
Riducono la mortalità e morbilità da accidenti cardiovascolari;
Agiscono direttamente sulle cellule endoteliali inducendo la produzione di ossido nitrico (anche conosciuto come EDRF) che, come è noto, ha un effetto vasodilatante che a sua volta determina un miglioramento del flusso ematico, azione che ovviamente tende a diminuire in menopausa.
Riguardo alla gittata cardiaca va osservato che nelle donne in menopausa si viene a determinare un progressivo ingrandimento del cuore che si associa a:
Maggior spessore delle pareti;
Minore gittata cardiaca.
Tutto questo aumenta il rischio di cardiopatia ischemica, infarto ed insufficienza cardiaca. Oggi si discute molto riguardo alla relazione tra malattie cardiovascolari e terapia ormonale in quanto i vecchi dati, basati su studi osservazionali, dicevano che vi era una diminuzione del 30% del rischio cardiovascolare nelle donne in buona salute che iniziavano una terapia ormonale, mentre studi clinici più recenti randomizzati (HERS, WHI) non rilevano tale beneficio e addirittura in alcuni casi mettono in guardia peri possibili effetti dannosi. Il motivo della divergenza è dovuto al fatto che si osserva un certo aumento di eventi cardiovascolari nel primo anno, dall'inizio di una terapia ormonale.
Ma in entrambi gli studi la conclusione è stata che non vi sono cambiamenti significativi dal punto di vista statistico per quanto riguarda l'incidenza di CDV nelle donne che fanno uso di terapia ormonale. Un'ipotesi per spiegare tale discrepanza è che iniziare la terapia all'insorgenza della menopausa può ritardare o prevenire la formazione di aterosclerosi, ma se vi è un intervallo notevole tra l'inizio della menopausa e l'inizio della terapia ormonale è in tal caso che potrebbe esserci una maggiore possibilità di formazione di placche di aterosclerosi.
Inoltre nelle donne che già presentano placche di aterosclerosi importanti, la susseguente terapia ormonale potrebbe determinarne il distacco e lo spostamento con conseguente fenomeno di trombosi.
I dati provenienti da ricerche su donne sottoposte a doppler carotideo hanno dimostrato una prevenzione o un ritardo della progressione dell'ispessimento dell'intima-media nelle donne in menopausa di età PIÙ GIOVANE che facevano uso di terapia ormonale. Al contrario è stato riscontrato che in donne con placche di aterosclerosi stabilizzate con lume vascolare già ristretto, sia nelle carotidi che nelle coronarie, l'uso di una Terapia ormonale non ha avuto alcun effetto nella diminuzione della grandezza delle placche rispetto all'uso di placebo.
Queste importanti osservazioni indicano che, una volta che la malattia aterosclerotica si è instaurata o che si èverificata una alterazione delle cellule endoteliali, la terapia ormonale non produce alcun beneficio e questo potrebbe significare che le donne più anziane (in apparente buona salute), come quelle nel WHI presentavano un diverso livello di rischio ed avevano un diverso, più basso, potenziale beneficio dala terapia ormonale, rispetto alle donne in postmenopausa più giovani.
Ecco il perché della differenza di messaggio derivante dagli studi osservazionali e da quelli randomizzati-controllati.
Risulta chiaro che la terapia ormonale (HT) non deve essere prescritta per la prevenzione secondaria delle CVD, cioè non deve essere prescritta se già si sono instaurati danni endoteliali!
Riguardo alla prevenzione primaria delle coronaropatie si discute ancora se la terapia ormonale HT iniziata con l'insorgere della menopausa possa mantenere le coronarie in buono stato e quindi possa prevenire eventuali futuri danni.
RISCHIO DI ICTUS
ICTUS è un termine latino che letteralmente significa "COLPO". La caratteristica principale di questa malattia è la sua insorgenza improvvisa in persone apparentemente sane! Un ICTUS per il cervello equivale ad un infarto per il cuore. Il sangue nei vasi di un cervello in buona salute, scorre con un flusso senza ostacoli, se questo flusso in qualche modo viene impedito da fenomeni di occlusione (ICTUS ISCHEMICO) riferibili a patologie quali potrebbero essere l'aterosclerosi, un trombo, un coagulo oppure se il vaso si dovesse rompere (ICTUS EMORRAGICO) a causa di ipertensione, aneurismi, ecc., la parte di tessuto cerebrale irrorata da quel vaso perderà l'apporto ematico che lo nutre e lo ossigena subendone un grave danno!
L'ICTUS rappresenta la prima causa di invalidità e la terza causa di morte, ma a differenza di quanto si crede è una malattia che si potrebbe prevenire e curare! Due ICTUS su tre potrebbero essere evitati con stili di vita adeguati ed individuando per tempo alcuni importanti fattori di rischio quali:
L'IPERTENSIONE
LA FIBRILLAZIONE ATRIALE
L'IPERCOLESTEROLEMIA
IL DIABETE
Le persone con un profilo di rischio elevato possono prevenire l'ICTUS con trattamenti mirati e personalizzati. In caso di ICTUS, l'uso di farmaci immediatamente dopo l'esordio dei sintomi può salvare i soggetti colpiti ed evitare gravi disabilità! Esistono negli ospedali unità di diagnosi e cura dedicate gestite da esperti che, applicando protocolli ben definiti, possono salvare più vite di qualunque altro trattamento.
Erroneamente si crede che l'ICTUS colpisca prevalentemente gli anziani, mentre solo in Italia esistono più di 30.000 persone giovani che ne sono state colpite anche in modo molto invalidante.
Si è discusso dell'ipertensione, dell'iperlipidemia e del diabete come fattori di rischio, si cercherà di chiarire anche che cos'è la FIBRILLAZIONE ATRIALE, quali sono le sue cause e gli effetti che può indurre. Il rischio di FIBRILLAZIONE atriale cresce con l'età e colpisce mediamente l'1% degli adulti in tutto il mondo. Un ultra cinquantacinquenne su quattro ne è affetto.
COS'E' LA FIBRILLAZIONE ATRIALE
La FIBRILLAZIONE ATRIALE è l'anomalia del ritmo cardiaco più comune al mondo negli adulti, e colpisce oltre 9 milioni di persone solo in EUROPA e USA.
La FIBRILLAZIONE ATRIALE è la causa di un ICTUS su 5 ed è quindi uno dei principali fattori di rischio.
I soggetti affetti da FIBRILLAZIONE ATRIALE hanno un rischio di ICTUS 5 volte maggiore rispetto ai soggetti sani; ogni anno circa 3 milioni di persone sono colpite da ICTUS causato da FIBRILLAZIONE ATRIALE.
La patologia è rappresentata da un problema che causa l'accelerazione o il rallentamento eccessivo della frequenza cardiaca, oppure una irregolarità del battito.
La FIBRILLAZIONE ATRIALE è caratterizzata da disordini della propagazione dei segnali elettrici che regolano la contrazione cardiaca. Questa irregolarità del battito non permette a tutto il sangue, come invece accade nei soggetti sani, di essere regolarmente pompato nelle camere inferiori del cuore. La contrazione irregolare delle camere superiori del cuore (ATRI) determina un ristagno di sangue nelle camere stesse che può portare alla formazione di coaguli. Questi coaguli una volta formatisi, possono immettersi nella circolazione sanguigna ed arrivare al cervello causando un ICTUS ISCHEMICO!
La FIBRILLAZIONE ATRIALE è più comune nei cardiopatici, ed è molto rara nei bambini e può essere curata o, quantomeno, tenuta sotto controllo.
Le patologie e le cattive abitudini di vita che influenzano l'incidenza della fibrillazione atriale sono:
L'IPERTENSIONE
IL FUMO
L'OBESITÀ
IL DIABETE
L'IPERTIROIDISMO
L'ECCESSIVO CONSUMO DI BEVANDE ALCOOLICHE
UN TUMORE DEL POLMONE
I SINTOMI DELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE
Molte persone affette da fibrillazione atriale non presentano sintomi evidenti, specialmente quando la frequenza cardiaca non è eccessiva. I sintomi più comuni comprendono:
PALPITAZIONI,
VERTIGINI,
DOLORE AL TORACE
AFFANNO.
Alcuni soggetti con tale aritmia manifestano regolarmente questi sintomi, altri raramente. E' importante che la FIBRILLAZIONE ATRIALE venga diagnosticata quanto prima possibile in quanto può causare ICTUS e ARRESTO CARDIACO ed in genere viene diagnosticata dal medico con l'elettrocardiogramma o con altri esami specialistici ma è difficilmente diagnosticabile quando è asintomatica.
E' importante controllare anche a casa la FIBRILLAZIONE ATRIALE con la palpazione del polso o misurando la pressione arteriosa con apparecchi appositi. Le persone a cui è stata diagnosticata una FIBRILLAZIONE ATRIALE hanno comunque fatto il primo passo verso la prevenzione dell'ICTUS, quindi le conseguenze ad essa correlate, possono essere curate o tenute sotto controllo soprattutto se diagnosticate in tempo.
Negli ultimi anni sono stati fatti molti progressi dal punto di vista terapeutico, sia farmacologico che chirurgico, per ridurre i rischi correlati alla FIBRILLAZIONE ATRIALE e migliorare la qualità di vita del paziente.
Sebbene diverse ricerche non abbiano evidenziato alcun aumento del rischio di ICTUS nelle pazienti che facevano uso di terapia ormonale, altre ne hanno riportato un lieve ma statisticamente significativo incremento! Il WHI ha evidenziato un incremento dell'incidenza di ICTUS ischemico nelle donne che fanno uso di terapia ormonale rispetto a quelle che ricorrono al placebo. Comunque bisogna ancora una volta tener ben presente che le donne inserite in questa ricerca erano molto più anziane rispetto alla media delle donne in menopausa che utilizzano una terapia ormonale, ed in particolare bisogna notare che molte di queste già presentavano uno o più importanti processi patologici oltre alla malattia cardiovascolare, quali:
IPERTENSIONE,
DIABETE
MALATTIE AUTOIMMUNI (LUPUS).
E' possibile che le donne, anziane ed ipertese, possano già avere un danno dell'endotelio vascolare che si è instaurato prima del trattamento. Il WHI inoltre evidenzia un importante effetto legato all'età per quanto riguarda il rischio assoluto per l'ICTUS nelle pazienti che usano terapia ormonale rispetto a quelle che non ne fanno uso.
DA NOTARE CHE nelle donne di 70/79 anni l'aumento dell'ICTUS è stato di 13 e di 14 casi per 10.000 donne per anno rispettivamente per utilizzatrici di terapia combinata estro-progestinica e di terapia con soli estrogeni; mentre per il gruppo di età che di norma utilizza terapia ormonale (50/59 anni) l'incremento del rischio assoluto di ICTUS è stato di 4 casi per le utilizzatrici di terapia estro-progestinica e di 0 zero casi per le utilizzatrici di soli estrogeni per 10.000 donne per anno!
Uno studio randomizzato prospettico di donne che hanno subito un episodio di ICTUS non mostra alcuna evidenza di aumento o diminuzione riguardo alla ricorrenza di ICTUS, né si è rilevato un cambiamento della mortalità nelle donne che utilizzavano il solo estrogeno.
E' importante quindi spiegare alle pazienti che potrebbero presentare un maggior rischio di ICTUS facendo uso di terapia ormonale ma solo se presentano delle cause predisponenti e cioè:
ETA' AVANZATA
FUMO
OBESITA'
DIABETE
IPERTENSIONE
DISLIPIDEMIA
ATEROSCLEROSI
ANAMNESI POSITIVA PER TROMBOSI VENOSA PROFONDA ED EMBOLIA POLMONARE
IPERTENSIONE
In genere ricerche cliniche su donne in terapia Estrogenica o Estro Progestinica non hanno evidenziato alcun effetto significativo sulla pressione arteriosa, sia diastolica che sistolica. Sono state comunque evidenziate situazioni isolate di REAZIONE IDIOSINCRASICA con innalzamento notevole di PA dopo l'utilizzo di terapia ormonale. Per identificare questi casi occorre sospendere la terapia e vedere se la PA si rinormalizza; in caso contrario si dovrà iniziare un trattamento antiipertensivo. Donne che mantengono la PA ben controllata con farmaci antiipertensivi non presentano controindicazione per HRT!
TROMBOSI VENOSA PROFONDA ED EMBOLIA POLMONARE
Le donne in postmenopausa, andando avanti con gli anni, presentano un rischio aumentato di Trombosi Venosa Profonda (TVP). Sia gli studi osservazionali che quelli prospettici randomizzati, hanno messo in evidenza un aumento dell'incidenza di TVP ed embolia polmonare, associato all'utilizzo in postmenopausa di Estrogeni ed Estroprogestinici. Inoltre, si è notato che nelle donne in postmenopausa vi sono alcuni cambiamenti in vari fattori della coagulazione che agiscono alcuni come procoagulanti, ed altri come anticoagulanti. Non è stata mai dimostrata nessuna evidenza che tali cambiamenti dei fattori della coagulazione abbiano alcuna relazione con l'instaurarsi di malattie quali tromboembolismo venoso o embolia polmonare e molti fenomeni di coagulazione si determinano spontaneamente solo quando vi è un danno sottostante dell'endotelio vascolare (dovuto a placche di aterosclerosi, traumatismi, varici, fumo).
La trombosi venosa profonda idiopatica si può verificare in maniera spontanea in circa 1 caso su 5.000 donne in postmenopausa ogni anno. La terapia ormonale può triplicare questa percentuale nei primi 8 mesi di terapia! Tale rischio può perdurare in alcuni individui, ed il rischio di TVP è aumentato nelle donne obese, ipertese o fumatrici. Anche i soggetti che presentano un Fattore V di Leiden hanno un notevole aumento di incidenza di TVP con l'uso di contraccettivi orali. E' stato dimostrato che anche la donne in postmenopausa che fanno uso di HT e presentano Fattore V di Leiden sono a rischio elevato di trombosi venosa!
E' essenziale che le donne che abbiano avuto TVP, embolia polmonare o anamnesi familiare con episodi gravi di tromboembolia vengano sottoposte ad un PROFILO DELLA COAGULAZIONE EMATICA ed in ogni caso devono essere escluse dalla terapia ormonale!
E' quindi assolutamente controindicato l'uso di terapia ormonale nelle donne che nell'anamnesi presentano episodi di trombosi o embolia polmonare.
Gli estrogeni somministrati per via transdermica hanno un minor effetto sulla coagulazione rispetto alla via orale ed in una ricerca, su 155 donne, Scarabin rilevò che gli estrogeni per bocca si associavano a tromboembolismo 4 volte più spesso rispetto alla via transdermica. In ogni caso le donne che stanno facendo uso di terapia ormonale e si scopre che presentino tale patologia o che all'anamnesi hanno presentato trombosi venosa o embolia polmonare devono sospendere la terapia. Il trattamento di tali patologie comprende l'utilizzo di anticoagulanti come l'eparina o la warfarina che devono essere continuate per almeno un anno. In seguito l'uso di aspirina, o anticoagulanti è indicato per un tempo indefinito. Dati molto recenti indicano che l'uso di aspirina e/o statine riduce l'incidenza di trombosi nelle donne che utilizzano terapia ormonale.
RACCOMANDAZIONI RIGUARDANTI TERAPIA ORMONALE E TROMBOSI VENOSA PROFONDA (RCOG)
Non è indicato uno screening per trombofilia di routine iniziando una terapia ormonale;
E' molto importante fare una accurata anamnesi a riguardo di trombosi venosa profonda eventualmente capitata alla donna in esame o a suoi stretti familiari;
Iniziando una terapia ormonale bisogna sempre valutare con l'anamnesi eventuali fattori di rischio addizionali;
Donne con anamnesi personale e/o familiare di trombosi venosa o tromboembolia devono essere sottoposte a screening per trombofilia.
ESAMI DA RICHIEDERE IN CASO DI TROMBOEMBOLISMO VENOSO O EMBOLIA POLMONARE
ESAMI DA RICHIEDERE VALORI ASSOCIATI A > RISCHIO TROMBOTICO
FIBRINOGENO |
VALORI PIÙ ALTI DELLA NORMA |
ANTITROMBINA III |
VALORI PIÙ BASSI DELLA NORMA |
PROTEINA C |
VALORI PIÙ BASSI DELLA NORMA |
PROTEINA S |
VALORI PIÙ BASSI DELLA NORMA |
FATTORE V DI LEIDEN |
PRESENTE |
RACCOMANDAZIONI A RIGUARDO DI TERAPIA ORMONALE E MALATTIE CARDIOVASCOLARI
PREVENZIONE SECONDARIA
La terapia ormonale non deve essere iniziata per la prevenzione secondaria di malattie cardiovascolari. La decisione di continuare o sospendere una terapia ormonale in donne con malattie cardiovascolari sottoposte per lungo tempo a terapia ormonale deve basarsi sul fatto che non vi sono rischi o benefici in tal senso e deve anche basarsi sulle preferenze delle donne stesse. Se invece una donna in terapia ormonale dovesse presentare un evento cardiovascolare acuto (infarto, ICTUS, tromboembolia) o fosse costretta all'immobilizzazione o all'ospedalizzazione a letto è prudente sospendere la terapia ormonale e considerare una profilassi per la trombofilia (clexane).
PREVENZIONE PRIMARIA DEI FATTORI DI RISCHIO CARDIOVASCOLARI
La terapia ormonale non sembra conferire prevenzione primaria per malattie cardiovascolari. Attualmente non ci sono evidenze per iniziare una terapia ormonale col solo proposito della prevenzione PRIMARIA delle malattie cardiovascolari.
Quindi è importante tener presente che per iniziare e per continuare una terapia ormonale bisogna valutare con molta attenzione i rischi ed i benefici non coronarici considerando anche i desideri e le preferenze delle pazienti. In generale le donne che assumono terapia ormonale affrontano la vita in maniera molto diversa rispetto alle non utilizzatrici. Si è visto che le donne che utilizzano terapia ormonale in genere tendono a focalizzare molto sulla loro salute facendo molta attenzione ad una dieta che sia adatta per loro, facendo esercizio fisico in maniera regolare, non bevendo alcol e non fumando! E questo ha sicuramente un'influenza benefica sui loro fattori di rischio coronarico.
Gli effetti degli estrogeni sono molto diminuiti o addirittura mancano nelle pazienti più anziane con preesistente malattia cardiovascolare, rispetto alle donne più giovani e senza malattie cardiovascolari. Per cui nelle donne con malattie cardiovascolari presenti da tempo è possibile che gli estrogeni migliorino il profilo lipidico con un aumento dell'HDL ed una diminuzione di LDL ma non determina in ogni caso effetti favorevoli immediati ed i cambiamenti, anche se favorevoli, che si vengono a creare sull'assetto lipidico nelle donne con malattia cardiovascolare preesistente, non sono in grado di evitare eventi gravi quali l'infarto miocardico.
Si potrebbe ragionevolmente concludere a questo riguardo che gli estrogeni agiscono con diversi meccanismi di protezione sul sistema cardiovascolare che si traducono in effetti benefici sulle malattie cardiovascolari delle donne. Per cui la terapia ormonale potrebbe ancora avere un ruolo significativo nella prevenzione primaria delle CVD comunque non ci sono dati certi e sicuramente questo tipo di terapia non è indicata per le donne più anziane e/o con malattie cardiovascolari preesistenti che abbiano o no avuto un evento cardiovascolare; in tal caso, a meno che il soggetto non sia già in trattamento ed abbia benefici dalla terapia per altre indicazioni, quando si presentasse un evento cardiovascolare non vi è assolutamente indicazione a prescrivere estrogeni per una CARDIOPROTEZIONE! Comunque va anche osservato che le donne che già utilizzano terapia ormonale e subiscono un evento cardiovascolare risulterebbero più protette riguardo ad un evento mortale.
Occorre però ricordare che le strategie NON ORMONALI quali il cambiamento di stile di vita allo scopo di controllare il peso, la pressione arteriosa e lo stress sono essenziali per la prevenzione delle malattie cardiovascolari prima ancora di qualunque terapia farmacologica.
Le donne in menopausa, ed in particolare le donne che vanno in menopausa in giovane età, sono quindi sicuramente esposte a malattie cardiovascolari e la menopausa, che si associa inevitabilmente a carenza di estrogeni, è certamente un fattore di rischio cardiovascolare. La terapia ormonale potrebbe essere un fattore protettivo per le malattie cardiovascolari, mentre il ruolo del progesterone (che deve essere associato agli estrogeni) non risulta chiaro se tende a diminuire o addirittura ad annullare l'effetto protettivo degli estrogeni.
La terapia ormonale ha importanti effetti direttamente su:
LIPIDI (diminuisce il colesterolo totale, aumenta l'HDL, ma non con i cerotti, diminuisce l'LDL)
PARETI VASCOLARI
VARIAZIONI POSITIVE SUL METABOLISMO INSULINICO
REDISTRIBUZIONE DEL GRASSO CORPOREO (riportandolo al tipo ginoide)
ALTRI IMPORTANTI FATTORI DI RISCHIO PER MALATTIE CARDIOVASCOLARI
Ha veramente poco senso pensare ad una terapia ormonale, che sovente risulterà inutile, se non si provvede ad eliminare alcune abitudini e stili di vita sbagliati quali:
FUMO;
OBESITÀ;
DIETE SBAGLIATE (IPERCALORICHE, RICCHE DI GRASSI E SALE);
MANCANZA DI ESERCIZIO FISICO;
STRESS.
Pazienti che presentano determinate patologie possono risultare a rischio PARTICOLARMENTE ELEVATO di malattie cardiovascori e devono necessariamente ricevere informazioni adeguate e dettagliate riguardo all'uso di terapie ormonali e sullo stile di vita.
Le patologie che espongono a maggior rischio di malattie cardiovascolari sono:
L'IPERTENSIONE;;
IL DIABETE;
UN'ANAMNESI FAMILIARE POSITIVA PER MALATTIE CARDIOVASCOLARI;
L'IPERCOLESTEROLEMIA (DISLIPIDEMIA);
LA PRESENZA DI SINDROME METABOLICA.
Va segnalata anche l'influenza dell'età sui livelli lipoproteici plasmatici, in particolare:
IL COLESTEROLO TOTALE AUMENTA DELL'1% AD OGNI ANNO DI ETA' CHE PASSA;
L'HDL RIMANE STABILE;
Il LP (A) RIMANE STABILE;
I TRIGLICERIDI AUMENTANO.
Non risulta ben chiaro come tali eventi siano determinanti per le malattie cardiovascolari, certamente è da sottolineare che un fattore molto importante è legato al nostro modo di vivere e alle nostre abitudini di vita sbagliate. Si pensi soltanto a quanto spesso si mangia tanto per gratificazione o per piacere sociale e non certamente perché si ha fame. Un sano stile di vita quale quello che prevede una dieta adeguata, la sospensione del fumo e dell'alcol, un opportuno ed adeguato esercizio fisico, influenzano moltissimo il rischio futuro di malattie cardiovascolari. E'da tener ben presente che anche il solo camminare o fare un moderato esercizio fisico tende potenzialmente a RIDURRE DEL 30/40% le malattie cardiovascolari, e tale percentuale di riduzione aumenta con l'allenamento, tuttavia non si deve esagerare in quanto uno sforzo eccessivo e prolungato risulterebbe addirittura deleterio.
EFFETTI RELATIVI ALLA CARENZA ESTROGENICA IN MENOPAUSA: SENZA E CON TERAPIA ORMONALE (HRT)
EFFETTI DELLA MENOPAUSA SU: |
IN MENOPAUSA (senza HRT) |
IN MENOPAUSA CON HRT |
LIPIDI: COLESTEROLO TOTALE LDL HDL LIPOPROTEINA (a) |
AUMENTA AUMENTA DIMINUISCE AUMENTA |
RIDOTTO RIDOTTO AUMENTATO RIDOTTO |
PRESSIONE ARTERIOSA |
AUMENTA |
DIMINUISCE |
RESISTENZE PERIFERICHE |
AUMENTA |
DIMINUISCE |
FUNZIONE VENTRICOLARE SINISTRA MASSA MUSCOLARE VOLUME DI EIEZIONE |
AUMENTA SI RIDUCE |
SI RIDUCE AUMENTA |
GRANDEZZA DEL VENTRICOLO SINISTRO |
AUMENTA |
DIMINUITA |
RISPOSTA DELL' ENDOTELIO: ENDOTELIO DIPENDENTE ENDOTELIO INDIPENDENTE |
ENDOTELINA 1 > INFLUSSO DEL CALCIO AUMENTATO |
ENDOTELINA 1 DIMINUITA INFUSSO DEL CALCIO DIMINUITO |
EMOSTASI: FIBRINOGENO ANTITROMBINA III PROTEINA C ED S PAI1(PLASMINOGEN-ACTIVATING INIBITOR 1) FATTORE VII |
DIMINUITO INVARIATO INVARIATO AUMENTATO
AUMENTATO |
AUMENTATO INVARIATO PUÒ ESSERE ALTO RIDOTTO
INCERTO |
Le malattie cardiovascolari sono di tipo multifattoriale ed il rischio di un evento grave cardiovascolare dipende molto dalla presenza, dall'intervento o dal sovrapporsi di vari fattori di rischio.
I fattori di rischio cardiovascolari si dividono in:
FATTORI NON MODIFICABILI: età, sesso, familiarità e genetica.
FATTORI MODIFICABILI: fumo, obesità, ipertensione arteriosa, dismetabolismo lipidico e glucidico, stress.
INFLUENZA DELLA MENOPAUSA SUI FATTORI DI RISCHIO CARDIOVASCOLARI che determina:
AUMENTO di: Colesterolo totale, LDL e trigliceridi
DIMINUZIONE di HDL
AUMENTO di Lp (a)
INFLUENZA DELLA MENOPAUSA E SINDROME DA BASSI VALORI di HDL
Esiste un rapporto di proporzionalità INVERSO tra HDL ed eventi coronarici, nel senso che alti valori di HDL si correlano a bassa insorgenza di coronaropatie e viceversa. Anche in presenza di valori normali di colesterolo totale ed LDL, i BASSI valori di HDL sono da considerare in ogni caso un importante fattore di rischio cardiovascolare.
INFLUENZA DELLA MENOPAUSA SULLA PRESSIONE ARTERIOSA (PA)
La menopausa tende ad aumentare la pressione arteriosa a causa di alcune modificazioni che comportano una diminuzione della compliance vascolare e cioè:
Incremento dei livelli catecolamine circolanti;
Presenza di danno endoteliale con riduzione della sintesi di NO;
Aumento della biodisponibilità di mediatori di vasocostrizione (trombossano ed endotelina);
Diminuzione dei recettori estrogenici in sede endoteliale;
OBESITÀ;
Insulinoresistenza;
Alterazione del sistema renina – angiotensina, del sistema nervoso simpatico;
Genetica dell'ipertensione, della disfunzione endoteliale, del basso peso alla nascita.
INFLUENZA DELLA MENOPAUSA SUL METABOLISMO GLUCIDICO
La menopausa induce:
Riduzione della tolleranza al glucosio;
Progressivo aumento della resistenza all'insulina;
Aumento di rischio di diabete tipo 2;
Modificazione corporea con aumento dell'obesità centrale.
Tutto ciò può determinare:
Aumento dei valori di glicemia a digiuno;
Aumento di insulina;
Riduzione della SHBG.
INFLUENZA DELLA MENOPAUSA SUI MARCATORI DI DANNO VASCOLARE E TROMBOTICO
La malattia aterosclerotica è considerata una malattia infiammatoria cronica dei vasi e la variazione dei marcatori di danno vascolare può esserne la causa o l'effetto. Alcune modificazioni di questi fattori risultano essere geneticamente determinate, altre possono essere associate ad altri fattori di rischio quali:
IPERINSULINISMO;
OBESITÀ;
DIABETE;
DISLIPIDEMIE;
FUMO.
I marcatori di danno attualmente non sono ancora considerati INDICI SPECIFICI o PREDITTORI di malattia cardiovascolare. La menopausa determina variazioni fisiologiche di alcuni marcatori di danno vascolare ed anche dell'emostasi in senso protrombotico, correlati ad un maggior rischio cardiovascolare (ad es. RIDUZIONE dell'attività FIBRINOLITICA).
COME LA TERAPIA ORMONALE MODIFICA I FATTORI DI RISCHIO CARDIOVASCOLARI
EFFETTI DELLA TERAPIA ORMONALE SULL'ASSETTO LIPIDICO
Razionale di impiego:
LA TERAPIA ORMONALE orale (NAEMIS/ANGELIQ/LIVIAL) è indicata in caso di bassi valori di HDL infatti essa:
Aumenta i livelli di HDL (fino al 13 %)
Aumenta i livelli dei TRIGLICERIDI (fino al 25 %)
Riduce i livelli di Lp (a) (Lp (a) non è influenzata da dieta o attività fisica)
LA TERAPIA ORMONALE transdermica (COMBISEVEN/FEMITY) è invece indicata in caso di ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia ed aumento LDL ma HDL normale in quanto:
Riduce il COLESTEROLO totale;
Ha effetto neutro su HDL;
Riduce i TRIGLICERIDI;
Riduce LDL-
EFFETTI DELLA TERAPIA ORMONALE SULL'IPERTENSIONE
Razionale di impiego:
LA TERAPIA ORMONALE orale (NAEMIS / ANGELIQ / LIVIAL) :
Aumenta la compliance vascolare (al contrario la terapia transdermica non aumenta la compliance vascolare);
Riduce i livelli di catecolamine circolanti;
Aumenta la produzione endoteliale di NO ed il rilascio di altre sostanze ad azione vaso dilatante;
Effetto calcio antagonista sulle fibrocellule muscolari lisce della muscolatura vascolare;
Effetto neutro sui peptidi endoteliali vasocostrittori (endotelina, tromboxano ecc.);
Rimodellamento anatomico delle strutture cardiache come prevenzione dell'ipertrofia e cardiomiopatia ipertensiva;
L'impiego di un preparato con progestinico ad attività ANTIMINERALCORTICOIDE (ANGELIQ) ha mostrato una azione FAVOREVOLE nella donna IPERTESA e neutra nella donna NORMOTESA.
La terapia ormonale transdermica ha un effetto neutro sulla compliance vascolare
EFFETTI DELL'HRT SUL METABOLISMO GLICIDICO
Razionale di impiego:
LA TERAPIA ORMONALE orale (NAEMIS / ANGELIQ / LIVIAL):
Migliora l'insulino resistenza;
Riduce l'obesità centrale;
Stimola le cellule pancreatiche insulino secernenti;
Migliora l'accumulo nelle riserve del glucosio che viene trasformato in glicogeno;
Migliora la clearance epatica dell'insulina.
EFFETTI DELLA TERAPIA ORMONALE SUI PARAMETRI EMOCOAGULATIVI
Razionale di impiego:
LA TERAPIA ORMONALE orale (NAEMIS/ANGELIQ/LIVIAL)
Gli estrogeni aumentano l'attività fibrinolitica (attività scoagulante);
L'HRT riduce i livelli di omocisteina;
L'HRT determina aumento di PCR circolante per probabile induzione epatica cosa che non si verifica con terapia transdermica.
COME SI POSSONO IDENTIFICARE LE DONNE A RISCHIO CARDIOVASCOLARE
PREVENZIONE PRIMARIA INDIVIDUALE
E' necessario identificare ed intervenire per ridurre i fattori di rischio modificabili (dal cambiamento di stile di vita al trattamento farmacologico).
E' importante considerare:
Dati anamnestici (età, presenza di: ipertensione, iper/dislipemia, diabete, obesità, sedentarietà);
Fattori di rischio attuali;
Fattori predisponenti, cioè trasmessi geneticamente.
Si riconoscono tre profili di rischio per malattie cardiovascolari pe le donne in menopausa :
DONNE AD ALTO RISCHIO DI EVENTO CARDIOVASCOLARE
DONNE A RISCHIO INTERMEDIO DI EVENTO CARDIOVASCOLARE
DONNE A RISCHIO OTTIMALE DI EVENTO CARDIOVASCOLARE
LE DONNE AD ALTO RISCHIO DI EVENTO CARDIOVASCOLARE sono quelle che presentano:
Malattia CARDIOVASCOLARE accertata;
Malattia CEREBROVASCOLARE ACCERTATA;
Malattia ARTERIOSA PERIFERICA;
ANEURISMA AORTA;
DIABETE
MALATTIA RENALE CRONICA.
DONNE A RISCHIO INTERMEDIO DI EVENTO CARDIOVASCOLARE sono quelle che presentano:
MALATTIA CARDIOVASCOLARE SUBCLINICA;
SINDROME METABOLICA;
FATTORI DI RISCHIO MULTIPLI;
VALORI ESTREMAMENTE ELEVATI DI UN SINGOLO FATTORE DI RISCHIO;
PARENTE DI PRIMO GRADO CON ATEROSCLEROSI PRECOCE (< 65 anni NELLA DONNA E < DI 55 anni NEL MASCHIO).
DONNE A RISCHIO OTTIMALE DI EVENTO CARDIOVASCOLARE sono quelle che presentano:
Quanto più è elevato il rischio di malattie cardiovascolari tanto più bisognerebbe impiegare strategie di prevenzione aggressive!
NELLA DONNA CON FATTORI DI RISCHIO CARDIOVASCOLARE UNA EVENTUALE TERAPIA ORMONALE:
Deve essere personalizzata sul rischio individuale;
Deve essere iniziata precocemente per agire su una condizione di "integrità vascolare";
L'invecchiamento, coi relativi processi degenerativi ed infiammatori, induce l'aterosclerosi e più in generale una alterata risposta vascolare a stimoli anche fisiologici; con l'età si verifica una sostanziale diminuzione dei recettori estrogenici sulle pareti vascolari con conseguente facilitazione alla formazione dei trombi;
Si devono valutare attentamente eventuali fattori di rischio specifici o di spiccata familiarità.
PER UTILIZZARE UNA TERAPIA ORMONALE IN UNA DONNA DISLIPIDEMICA OCCORRE:
Definire il rischio cardiovascolare (alto, medio, ottimale);
Eseguire esami basali e follow–up nelle donne definite a rischio: esami 1° livello: glicemia, insulinemia, assetto tiroideo + profilo lipidico completo, CPK, gamma GT; Creatinina, potassiemia, es urine
Valutare sulla base del rischio individuale se eseguire esami come marker di danno vascolare (PCR, OMOCISTEINA) ECOCOLORDOPPLER dei vasi cerebro afferenti;
Nelle donne con IPERTRIGLICEREMIA (TG > 250 mg/dl), essendo questo un fattore di rischio indipendente e predittivo di malattia cardiovascolare, la TERAPIA ORMONALE orale è controindicata tuttavia poiché i trigliceridi sono strettamente correlati alla dieta si raccomanda un regime alimentare opportuno. Al successivo controllo se i valori si sono normalizzati la terapia ormonale non è controindicata ed è consigliabile la via transdermica;
La via di somministrazione della terapia ormonale condiziona la sua efficacia sul metabolismo delle lipoproteine. Sebbene entrambi i tipi di trattamento (orale e transdermico ) siano efficaci per una azione positiva sulle LDL e le HDL il trattamento ORALE (NAEMIS / ANGELIQ / LIVIAL) è da preferirsi nelle donne con lieve dislipidemia in quanto più efficace; alla terapia ormonale si possono associare estratti di riso rosso o poliglucosamina (ARMOLIPID, REDULIP, COLENORM, ANTILIP)!
La terapia ormonale non è una terapia alternativa a quelle comunemente utilizzate come specifiche ipolipemizzanti (statine, fibrati), nelle donne in trattamento con tali farmaci non è controindicata l'associazione di terapia ormonale!
PER INIZIARE UNA TERAPIA ORMONALE IN UNA DONNA IPERTESA OCCORRE:
Definire il rischio cardiovascolare;
Controllare i rischi cardiovascolari con mezzi non farmacologici e farmacologici;
Richiedere esami basali e follow–up nelle donne definite a rischio: esami 1° livello: glicemia, insulina, assetto tiroideo, + profilo lipidico completo, CPK, gamma GT (se in terapia con le STATINE), creatinina, potassiemia (se in terapia con diuretici), es. urine;
Valutare sulla base del rischio individuale se eseguire esami come monitoraggio della pressione arteriosa delle 24 ore e se vi fossero dubbi, richiedere: marker di danno vascolare (PCR, OMOCISTEINA), ECG, ECOCOLORDOPPLER dei vasi cerebro afferenti;
Nelle donne con IPERTENSIONE (grado lieve-medio) o con valori borderline , la via di somministrazione è fondamentale ed è da preferire la via transdermica oppure quella orale ma con associato un progestinico ad azione antimimeralcorticoide (ANGELIQ);
Di particolare importanza è la scelta del progestinico: sicuramente è da preferire un progestinico il più vicino possibile al progesterone naturale o con caratteristiche di non affinità per il recettore glucocorticoideo e ad effetto antialdosteronico (ANGELIQ);
Nelle donne in trattamento con ANTIIPERTENSIVI e/o STATINE non è controindicata l'associazione di TOS a meno che non vi sia danno d'organo!
TERAPIA ORMONALE IN UNA DONNA DIABETICA
Il DIABETE COMPENSATO non controindica la TOS se la paziente è sintomatica.
Definire il rischio cardiovascolare
Controllo dei fattori di rischi cardiovascolari con mezzi non farmacologici e farmacologici
Esami basali e follow–up nelle donne definite a rischio: esami 1° livello: glicemia, insulina, assetto tiroideo, + profilo lipidico completo, CPK, gamma GT (se in terapia con le STATINE ), Hba 1c, valutare, sulla base del rischio individuale, se eseguire esami come monitoraggio della pressione arteriosa delle 24 ore, se insorgono dubbi valutare spesso l' assetto emocoagulativo, marker di danno vascolare (PCR, OMOCISTEINA), ECG, ECOCOLORDOPPLER dei vasi cerebro afferenti. Si deve controllare frequentemente la pressione arteriosa cosa che nei soggetti diabetici risulta essenziale per la prevenzione dell'ICTUS emorragico ed ischemico.
Nelle donne con DIABETE, la via di somministrazione da preferire è la via transdermica (COMBISEVEN/ FEMITY) oppure quella orale (ANGELIQ/ LIVIAL) ma con associato un progestinico con profilo farmacologico vicino al progesterone naturale!
TERAPIA ORMONALE IN UNA DONNA OBESA
Valutare l'IMC
L'OBESITÀ costituisce da sola un fattore di rischio cardiovascolare. Insieme ad altre alterazioni (dislipidemia, diabete, ipertensione) configura una situazione nota come SINDROME METABOLICA che può essere alla base di malattie cardiovascolari, iperinsulinismo ed alterazioni del metabolismo glucidico ed epatico.
La carenza estrogenica può essere alla base degli sfavorevoli cambiamenti nella distribuzione (ANDROIDE) del grasso corporeo in menopausa.
L'uso della TOS tende a migliorare la distribuzione del grasso mantenendo una distribuzione di tipo GINOIDE.
Esami basali e follow–up nelle donne definite a rischio: glicemia, insulina, assetto lipidico completo, assetto tiroideo, CPK, gamma GT (se in terapia con le STATINE), Hba1c. valutare sulla base del rischio individuale se eseguire esami come monitoraggio PA delle 24 ore, valutare spesso assetto emocoagulativo e marker di danno vascolare (PCR, OMOCISTEINA), ECG, ECOCOLORDOPPLER dei vasi cerebro afferenti e vasi arti inferiori.
Controllare frequentemente la PA cosa che risulta essenziale per la prevenzione dell'ICTUS emorragico ed ischemico.
Valutare se vi è intolleranza ai carboidrati: insulina a digiuno, OGTT. Spesso è in concomitanza con sindrome metabolica.
Si raccomanda di associare un adeguato programma dietetico con riduzione dell'apporto calorico ed è IMPERATIVO un PROGRAMMA DI ATTIVITÀ FISICA.
SE INDICATA, dovrebbe essere scelta una TOS a basso/ bassissimo dosaggio, preferendo in generale l'associazione con un progestinico simile al progesterone naturale.
Le donne obese sono più soggette a K endometriale quindi vanno controllate più spesso in tal senso con ecografia TV.
CONTROINDICATA la TOS nelle donne con OBESITÀ di secondo e terzo grado!
TERAPIA ORMONALE E RISCHIO TROMBOEMBOLICO
Le donne in trattamento con TOS hanno un aumento del RR di trombosi venosa/embolia polmonare da 2 a 5 volte. Data la bassa prevalenza di tale patologia il rischio assoluto è tuttavia molto basso.
L'entità del rischio è comunque condizionata dal TIPO e dalla dose di estrogeni (basso dosaggio minore rischio), dalla via di somministrazione; la via TRANSDERMICA (COMBISEVEN/ FEMITY) e più in generale quelle non orali hanno minore rischio rispetto alla via orale e dalla presenza di altri fattori di rischio quali: età avanzata, obesità, mutazioni genetiche dei fattori di coagulazione.
Il rischio è più elevato nel primo anno di assunzione della TOS
Controverso il ruolo del progestinico
Per la prescrizione di TOS è necessario escludere eventi trombotici e/o ischemici nell'anamnesi personale e familiare.
NON E' INDICATO EFFETTUARE SCREENING TROMBOFILICO se l'anamnesi è negativa a tale proposito.
IN CASO DI TROMBOFILIA (Screening positivo per: APCR, fattore V di Leiden, deficit proteina C ed S e di antitrombina III, mutazione G20210A, MTHFR, omocisteina, LAC, ACA) il rischio trombotico è significativamente aumentato e pertanto la TOS è ASSOLUTAMENTE CONTROINDICATA!
esami 1° livello: glicemia, insulina, assetto tiroideo, + profilo lipidico completo, CPK, gamma GT ( se in terapia con le STA