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IL CARCINOMA ENDOMETRIALE: LO SCREENING E LA DIAGNOSI PRECOCE
L’incidenza del carcinoma endometriale è in costante aumento ed in tutto il mondo vengono diagnosticati circa 150.000 nuovi casi ogni anno, con riduzione della mortalità attribuibile sia all’attuazione di programmi di screening e di diagnosi precoce, ma anche grazie al fatto di aver esteso le indicazioni per un eventuale intervento chirurgico. La maggior parte delle pazienti con carcinoma endometriale ha un’età compresa fra i 50 ed i 65 anni; l’incidenza nelle donne che hanno meno di 40 anni è soltanto del 5%. La percentuale di sopravvivenza complessiva è attualmente di circa il 63% (90% per neoplasie diagnosticate al primo stadio, 25% per quelle al quarto stadio).
L’interesse attuale per questo tipo di patologia è dovuto al fatto che le pazienti con carcinoma endometriale, limitato al solo corpo dell’utero, presentano un’ottima prognosi con possibilità di sopravvivenza generalmente elevata; nonostante ciò, quando le pazienti considerate al primo stadio, vengono poi valutate in rapporto ad alcune caratteristiche istologiche della neoplasia, emerge purtroppo che possono essere identificati alcuni fattori di rischio la cui presenza, nelle diverse combinazioni possibili, potrebbe peggiorarne sensibilmente la prognosi.
In oncologia ginecologica gli obiettivi da perseguire per ottenere buoni risultati in termini di sopravvivenza, sono rappresentati dalla possibilità di eseguire:
• Uno screening;
• Una diagnosi precoce;
• Una buona stadiazione del tumore.
Poiché questo tipo di tumore potrebbe causare molti decessi diventa importante cercare di mettere in evidenza le pazienti che risultano essere a maggior rischio ma che non sono ancora sintomatiche, cioè che presentano una neoplasia in fase iniziale o addirittura con lesioni pre-tumorali. Eseguire uno screening per il carcinoma dell’endometrio sarebbe quindi importante in quanto:
• Il carcinoma endometriale è la neoplasia maligna ginecologica più frequente;
• Si verifica nel 90% dei casi in menopausa con una prevalenza, in questa età, di 1-2 nuovi casi per mille donne, ogni anno;
• L’incidenza del tumore tende ad aumentare con l’età;
A dispetto dei progressi compiuti in chirurgia, in radioterapia e chemioterapia la prognosi per il carcinoma endometriale non è cambiata in tutti gli stadi.
Si è visto che i principali fattori di rischio per cancro endometriale sono rappresentati da:
• Età media di circa 59 anni;
• Irregolarità del ciclo mestruale, pazienti con menorragia e menometrorragia;
• Sanguinamento in postmenopausa;
• Anovulazione cronica;
• Nulliparità;
• Menarca precoce (prima dei 12 anni);
• Menopausa tardiva (dopo i 52 anni);
• Infertilità;
• Pazienti in terapia con soli estrogeni e non isterectomizzate;
• Assunzione di tamoxifene;
• Tumori dell’ovaio a cellule della granulosa e a cellule della teca;
• Obesità;
• Diabete mellito;
• Ipertensione arteriosa con o senza aterosclerosi;
• Anamnesi positiva per cancro della mammella o del colon.
Nei riguardi del carcinoma endometriale, quali pazienti dovrebbero sottoporsi ad un eventuale screening, quando e con quale frequenza ?
Poiché la maggior parte delle pazienti con carcinoma endometriale ha un’età superiore ai 50 anni e soltanto il 5% ha un’età inferiore ai 40 anni, sarebbe opportuno sottoporre a screening tutte le donne in post-menopausa ma in effetti l’attenzione si è indirizzata verso un gruppo particolarmente a rischio rappresentato dalle pazienti sintomatiche cioè quelle che presentano perdite ematiche irregolari in quanto è il primo segno clinico della malattia, ed in presenza di questo sintomo l’incidenza di carcinoma endometriale è di circa l’8-10%. In merito alla periodicità con la quale eseguire lo screening per le pazienti sintomatiche è ovviamente al primo comparire del sintomo, mentre per le pazienti asintomatiche non vi è unanimità di vedute per poterne decidere la frequenza, attualmente è opinione comune che come test di screening, l’esame ecografico transvaginale eseguito annualmente sia il più pratico ed affidabile. Le tecniche per evidenziare il carcinoma endometriale, dovrebbero essere prive di rischi e ben tollerate dalla paziente per ottenerne la massima collaborazione e partecipazione. Il principio più importante su cui ci si dovrebbe basare è senz’altro l’attendibilità, cioè il test dovrebbe avere un basso indice di falsi negativi e falsi positivi per poterlo ritenere affidabile.
Nel corso degli anni sono state utilizzate alcune tecniche invasive, ora non più in uso, di cui si possono ricordare:
• Quelle citologiche (prelievi vaginali, cervicali ed endocavitarii);
• Quelle istologiche (Vabra);
• La revisione di cavità che, oltre a richiedere l’anestesia generale, è gravata da un’incidenza di falsi negativi del 2-6%, in ragione del fatto che frustoli di tessuto vengono spesso ottenuti da non più del 50% della superficie endometriale.
L’isteroscopia attualmente è la metodica invasiva che viene utilizzata nella pratica clinica routinaria e che presenta una accuratezza diagnostica del 99-100%.
In considerazione del fatto che oltre il 90% delle pazienti con perdite ematiche in menopausa possa presentare patologie non neoplastiche, il problema che si è successivamente posto è stato di limitare l’invasività delle tecniche ed i conseguenti rischi che, anche se in effetti piuttosto modesti, sono sempre presenti. Dalla fine degli anni ’80 hanno assunto un ruolo importante nella diagnosi delle patologie endometriali le varie metodiche per immagini ed in particolare prima l’ecografia transaddominale e successivamente l’ecografia transvaginale con l’eventuale utilizzo del Color Doppler. Proporre l’esame ecografico come metodo di screening e diagnosi precoce del carcinoma endometriale significa cercare una o più variabili che in tutte le donne sottoposte ad esame (sia quelle sintomatiche che quelle asintomatiche) si possano differenziare, ed in particolare si potranno mettere in evidenza:
Visto in ecografia l’endometrio menopausale somiglia a quello della fase follicolare precoce, caratterizzato da una struttura lineare ed ecogena che corrisponde allo strato basale adiacente al miometrio. L’esame istologico dell’endometrio in post-menopausa conferma che il suo spessore generalmente non è maggiore di 0,5 mm e che raramente supera i 3 mm anche nel caso di endometrio atrofico cistico. La variabile indicata dall’ecografia è quindi lo spessore endometriale, mentre si dovranno riservare i criteri descrittivi e morfologici per la diagnosi differenziale delle varie patologie endocavitarie (polipi, miomi sottomucosi, iperplasia ghiandolare) ed all’eventuale stadiazione di un tumore.
La valutazione dello spessore endometriale.
L’ecografia transaddominale è stata utililizzata a tale scopo agli inizi degli anni 80 quando si vide che uno spessore endometriale superiore a 5 mm verosimilmente poteva essere la spia di una neoplasia endometriale nelle donne in post-menopausa. Purtroppo tale metodica non permetteva una buona visualizzazione dell’endometrio in caso di obesità, retroversoflessione uterina e mancato riempimento vescicale, mentre tali fattori in genere non influenzano in maniera significativa la qualità dell’ecografia transvaginale.
Per quanto riguarda la tecnica di misurazione, l’utero deve essere visualizzato in scansione longitudinale e lo spessore endometriale misurato nel punto più largo; nei casi di mucometra o ematometra, lo spessore della raccolta fluida posta nella cavità uterina viene sottratta dallo spessore totale. È inoltre da rilevare che nella maggior parte degli studi la misurazione viene riferita allo spessore totale dell’endometrio escludendo l’eventuale raccolta fluida endocavitaria; altri ricercatori dividono invece per due il valore totale dello spessore. Riguardo alla scelta di un cut-off, numerose evidenze in letteratura mettono in risalto le differenti sensibilità e specificità ottenute per la diagnosi dell’adenocarcinoma endometriale con l’ecografia transvaginale.
Sono stati messi in relazione gli aspetti ecografici dell’endometrio con l’esame istologico, (Weigel, 1990) individuando alcune variabili quali:
• Lo spessore endometriale;
• L’omogeneità dell’endometrio;;
• L’ecogenicità dell’endometrio.
Dalla valutazione di questi parametri sono stati identificati i criteri per la valutazione ecografica dell’endometrio in post-menopausa e cioè:
La Società Italiana di Ecografia Ostetrico-Ginecologica (SIEOG), ritiene comunque che a tutt’oggi, non vi siano metodiche diagnostiche, non invasive, in grado di depistare con una buona sensibilità e specificità, pazienti con carcinoma endometriale asintomatico e che il rapporto costo-beneficio di uno screening per neoplasia endometriale in donne asintomatiche sia piuttosto basso e, quindi, ingiustificato. Ad ogni modo è anche importante tener presente le numerose evidenze in letteratura, relative alla possibilità di effettuare uno screening del carcinoma endometriale con l’ecografia transvaginale, che in effetti è spesso in grado di attuare una diagnosi precoce su pazienti sintomatiche o su pazienti in trattamento con terapia sostitutiva. Rimane ancora da capire quanto l’utilizzazione del Color Doppler transvaginale possa essere in grado di contribuire ad un miglioramento della specificità, discriminando gli ispessimenti dovuti a patologie benigne da quelli dovuti ad un carcinoma. Inoltre i valori soglia non vengono univocamente identificati ed i numeri dei casi riportati non sono sempre sufficientemente ampi da poter validare definitivamente la metodica. Per tali motivi, nelle pazienti in post-menopausa asintomatiche, non sottoposte a terapia ormonale sostitutiva e che si sottopongono ad un controllo ecografico, in generale, si potrebbe ragionevolmente ritenere che:
Come indicazione generale si può certamente consigliare a tutte le donne di effettuare annualmente un controllo ginecologico (sia generale che mirato) che includa una valutazione dei fattori di rischio per neoplasia endometriale ed una ispezione ecografica transvaginale per rilevare eventuali segnali che facciano sospettare condizioni precancerose o francamente maligne.