Dott. Vincenzo Alvino

SPECIALISTA IN OSTETRICIA E GINECOLOGIA
PERFEZIONATO IN ECOGRAFIA E MEDICINA PRENATALE
a chi
ci rivolgiamo
servizi
offerti
Linea diretta per
informazioni e/o appuntamenti
Telefono studio
0564 412428 - 0564 416145

Cellulare
339 6461489

Email
info@vincenzoalvino.it

Seguici su
Sito in continuo aggiornamento.
Per eventuali commenti/segnalazioni
inviare una mail a: info@vincenzoalvino.it

Ultimo aggiornamento il 09/02/2016 alle ore 13:41
Home » Gravidanza » Gravidanza Fisiologica - Consigli » Consigli - Dieta In Gravidanza E Allattamento »

Rischi Legati All'eccessiva Magrezza In Gravidanza

L'unico autorizzato ad effettuare una consulenza medica ed esprimere un parere riguardo ad una vostra richiesta è il vostro medico, per cui tutte le informazioni presenti sul sito hanno carattere puramente informativo e non possono in alcun modo sostituire quello che è il suo parere.

GRAVIDE SOTTOPESO E AUMENTO DEL RISCHIO IN GRAVIDANZA

L'alimentazione e lo stato nutrizionale prima e durante la gravidanza influenzano profondamente il decorso e la salute della madre e del feto. L'apporto alimentare infatti non determina solo l'entità della crescita e la composizione corporea, ma modifica addirittura il rischio di malformazioni, di malattie e la mortalità del feto.

Questo non solo nel periodo embriofetale o neonatale, ma sembra addirittura essere in relazione con il rischio di malattie del bambino, anche da adulto. Ad esempio, i feti che non ricevono nutrienti a sufficienza dalla placenta, come i bambini che sono denutriti nell'infanzia, si adattano a tali condizioni avverse tramite modificazioni dell'apparato cardiovascolare e del loro metabolismo e tali particolari modificazioni tendono a persistere per tutta la loro vita.

La maggior parte delle donne in gravidanza ritiene che la propria dieta sia "normale", ma non si rende conto che in effetti si alimenta eccessivamente, fa poca attività fisica e aumenta troppo di peso. Questo è in gran parte dovuto ad alcuni miti ancora radicati nella nostra cultura come quello che afferma che la donna gravida deve "mangiare per due" e stare a riposo. Un tempo questo era realmente utile, ma difficile da realizzare per la maggioranza delle donne, in quanto il cibo era scarso e procurarlo costava molta fatica. L'attività fisica era generalmente intensa, rispetto all'apporto di calorie. Il tipo prevalente di mansione era, molto più di ora, particolarmente faticosa ed inadatta ad una donna gravida, come ad esempio il lavoro in agricoltura o le mansioni fisicamente pesanti nelle industrie. Il dispendio energetico per la termogenesi inoltre era importante nei climi e nei periodi freddi, mentre oggi l'adeguato riscaldamento rende minima questa quota, comunque piccola, del dispendio energetico.

L'obesità materna è quindi sempre più frequente, ed è una potenziale causa di patologie materne e fetali, dal momento che può contribuire ad aumentare anche il rischio di malformazioni e di mortalità in utero.

L'alimentazione va adattata ai principali fabbisogni di ogni donna che devono essere analizzati dettagliatamente per gestire nel migliore dei modi la gravidanza. Per molte donne italiane oggi il maggiore fabbisogno dietetico in gravidanza si può stimare sia agevolmente coperto, ad esempio, semplicemente dall'assunzione di un bicchiere di latte o da una porzione di frutta in più al giorno. E' importante comunque assicurare un sufficiente apporto di acidi grassi omega 3 al fine di un adeguato sviluppo del feto, in particolare del suo sistema nervoso centrale e della funzione visiva.

L'apporto alimentare considerato "normale" rispetto ai livelli raccomandati, può però non essere adeguato per quelle donne che hanno patologie, anche latenti, dell'assorbimento o del metabolismo. Alcune donne possono avere ereditato delle varianti enzimatiche che le rendono particolarmente bisognose di alcune sostanze, che rendono necessario un maggiore apporto di acido folico che comunque dovrebbe essere assunto da tre settimane prima del concepimento e proseguito per tutto il primo trimestre al fine di ridurre il rischio di malformazioni.

L'abitudine al fumo e la gravidanza iniziata in genere in età sempre più avanzata, aumentano il rischio di patologie ostetriche e possono condizionare particolari esigenze nutrizionali, come ad esempio un maggior fabbisogno di cibi contenenti sostanze antiossidanti naturali.

Il tipo di alimentazione attuale non solo non è adeguato per la maggioranza delle donne italiane in gravidanza, ma lo è in genere ancora meno per le donne extracomunitarie che nella vita intrauterina e nell'infanzia erano sottonutrite e con l'immigrazione sono improvvisamente passate alla sovralimentazione e ad uno stile di vita molto più sedentario di quello abituale. La convinzione, in loro ancora molto radicata, che in gravidanza bisogna mangiare molto e muoversi poco, assieme alla minore conoscenza dei rischi ostetrici porta, questa categoria di donne, ad esagerare con la quantità di cibo assunto.

A questo si sovrappongono differenze di tipo genetico che condizionano particolari fabbisogni e predispongono maggiormente donne di alcune etnie a patologie legate al tipo di alimentazione, quali il diabete gestazionale. Al tutto si aggiunge il fatto che è più difficile raccogliere un'anamnesi, anche dietologica, accurata e che spesso queste donne si fanno seguire in gravidanza tardivamente e non sempre si sottopongono ai dovuti controlli.

Occorre inoltre tener presenti le conseguenze delle sostanze potenzialmente nocive assunte dalle donne in gravidanza nell'alimentazione quotidiana. La presenza nell'alimentazione dei cosiddetti "interferenti endocrini", ad esempio, è infatti molto diffusa e in crescita. Per la stragrande maggioranza di queste sostanze non si conoscono gli effetti a lungo termine in quanto non vi sono studi sperimentali in campo umano. La gravida per difendersi da tali potenziali pericoli dovrebbe:

  • Variare molto le scelte alimentari in modo da rendere meno probabile assumerne elevate concentrazioni di sostanze nocive in uno specifico cibo.

  • Porre particolare attenzione alla scelta degli alimenti.

  • Considerare che l'eccessiva assunzione di alimenti diviene anche causa di maggiore assorbimento di sostanze tossiche e pertanto la donna in gravidanza non deve certo mangiare per due, ma due volte meglio.

La gravidanza è quindi un'ottima occasione per valutare l'adeguatezza dell'alimentazione, migliorarla e impostare uno stile di vita più sano, da mantenere anche dopo il parto e durante 1'allattamento.

Occorre individuare le donne che vanno seguite più attentamente dal punto di vista nutrizionale in gravidanza, in particolare vanno individuate quelle che presentano:

• Peso corporeo troppo basso, o eccessivo, prima della gravidanza;

 Incremento ponderale materno scarso, o eccessivo, in gravidanza;

 Adolescenti;

 Vegetariane e vegane (Vegane sono coloro che rifiutano ogni cibo di origine animale);

 Disturbi del comportamento alimentare;

 Dieta abituale qualitativamente inadeguata;

 Iperemesi o disturbi gastrointestinali in gravidanza;;

 Sportive agoniste;

 Gravidanze gemellari;

 Morbo celiaco (è una varietà di malassorbimento con intolleranza al glutine);

 Malassorbimenti;

 Intolleranze alimentari;

 Rischio familiare di diabete mellito;

 Malattie della tiroide;

 Basso livello socio-economico e culturale;

 Allattamento protratto;

 Gravidanze ravvicinate;

 Età materna avanzata;

 Patologie ed uso di farmaci.

 

PESO PREGRAVIDICO ED AUMENTO PONDERALE MATERNO

Il parametro più importante che bisogna considerare non è tanto il peso corporeo di per se stesso, ovvero quanti chilogrammi pesa la gravida, bensì lo stato nutrizionale.

Questo è grossolanamente stimato dall'indice di massa corporea detto BMI (Body Mass Index), ovvero dal valore ottenuto dividendo il numero di Kg di peso, per l'altezza in metri, elevata al quadrato.

Il BMI è un modo semplice per valutare lo stato nutrizionale negli studi di popolazioni, ma purtroppo è insufficiente a valutare la composizione corporea, ovvero la percentuale di grasso e quello di massa metabolicamente attiva detta "massa magra", del singolo soggetto. Detto in altri termini, donne con uguale BMI possono avere proporzioni di grasso e muscoli molto diverse e quindi esigenze nutrizionali molto diverse. Inoltre, come la misura delle pliche di grasso cutaneo o del rapporto vita fianchi, il BMI non si usa durante la gravidanza, ma come indicatore dello stato nutrizionale all'inizio della gravidanza.

Il peso del feto è direttamente correlato al BMI materno pregravidico, ma anche all'incremento di peso materno in gravidanza, oltre che al potenziale di crescita del feto, determinato geneticamente, e alla funzionalità della placenta.

Categoria di peso ín base all'índice di massa corporea o Body Mass Index (BMI) (= peso ín Kg/altezza in metri al quadrato).

CATEGORIA di peso in base al VALORE DI BMI:

Sottopeso < 18.5

Normale 18.5-24.9

Sovrappeso 25-29.9

Obesità moderata 30-34.9

Obesità severa 35-39.9

Obesità morbigena > 40

La composizione corporea pregravidica e l'incremento di peso corporeo della donna in gravidanza condizionano l'incidenza di patologie ostetriche materne e fetali.

NORMOPESO INIZIALE E ADEGUATO AUMENTO PONDERALE MATERNO

Per una gravida inizialmente normopeso fino a 10 settimane l'aumento ponderale è generalmente di entità trascurabile.

Nel secondo e terzo trimestre ed in particolare tra le 13 e le 37 settimane, l'aumento di peso assume un andamento pressoché costante, pari mediamente a 350-400 g la settimana per un totale di 10-12 Kg, dei quali 6.5 Kg materni, i restanti da attribuire al feto, alla placenta e al liquido amniotico.

Un incremento superiore a 500 g/settimana va segnalato tempestivamente al medico come possibile segno di eccessiva ritenzione idrica o in quanto indicatore della necessità di rivedere la dieta e ridurre l'apporto calorico.

Nel secondo trimestre l'incremento ponderale interessa maggiormente il compartimento materno e quindi le modificazioni alle quali vanno incontro i tessuti materni: crescita dell'utero e dei seni, aumento della quantità di sangue e dei depositi di grassi di riserva.

Nel terzo trimestre invece una quota maggiore è destinata all'accrescimento del feto e della placenta.

BMI                    Aumento di peso a termine in Kg

< 18.7                 12,3 - 18

18.7-23.8             11.5 - 16

23.8-29                7.0- 11.5 

Le donne alte e magre possono avere un maggiore incremento ponderale rispetto a quanto raccomandato. Le adolescenti hanno bisogno di un maggior aumento di peso in gravidanza, già nelle prime 24 settimane, rispetto alle donne adulte. Nelle primipare o ed in chi svolge una maggiore attività fisica, l'incremento consentito è maggiore. Nelle gravidanze gemellari l'incremento ponderale medio è di circa 16-20 Kg, ovvero con incrementi di 750 g/settimana nel secondo e terzo trimestre.

Quindi i fattori che consentono un incremento di peso materno maggiore rispetto a quanto stabilito ín base al BMI sono:

 Altezza superiore alla norma;

 Età adolescenziale;

 Primiparità;

 Intensa attività fisica;

 Gravidanza gemellare.

Gli effetti sul feto dell'aumento di peso materno sono principalmente influenzati dall'incremento dalla massa magra, ovvero dai tessuti metabolicamente attivi e contenenti prevalentemente acqua, più che dalla massa grassa materna, ovvero dal tessuto adiposo accumulato.

Il precoce e consistente aumento del volume del sangue materno permette infatti la formazione di una placenta adeguata alle esigenze della crescita fetale.

Sorprendentemente l'accelerazione della crescita fetale nel terzo trimestre si accompagna ad una riduzione della massa magra materna.

Il peso mediamente acquisito da una gravida a termine è di 12.5 Kg ed è così suddiviso:

  • 6 Kg di feto, liquido amniotico e placenta
  • 6.5 Kg di tessuti materni aumentati, come sangue e tessuto adiposo. 

Dopo il parto il peso cala rapidamente di circa 5.9 Kg, con un intervallo di variabilità di 4.6-7.2 Kg.

Per aumentare il più possibile la probabilità che la gravidanza decorra serenamente, senza complicanze, è auspicabile iniziarla con un peso corporeo il più vicino possibile a quello ideale ed avere un adeguato incremento ponderale materno, che dipende dall'indice di massa corporea e dalle caratteristiche individuali. Maggiore è l'attenzione della donna all'alimentazione e minori i rischi ostetrici correlati ad anomalie del peso. 

DONNE SOTTOPESO PRIMA DEL CONCEPIMENTO E SCARSA CRESCITA PONDERALE DURANTE LA GRAVIDANZA

Solo circa una donna su trenta, ovvero il 3.6% della popolazione italiana, ha un indice di massa corporea inferiore a 18.5. Le donne sottopeso all'inizio della gravidanza necessitano di una dieta con apporto energetico superiore a quello delle donne che iniziano la gravidanza in condizioni di peso  normale o sovrappeso.

L'ideale sarebbe iniziare la gravidanza dopo aver raggiunto il peso ideale, per garantire la presenza di adeguate riserve nutrizionali. La scarsa nutrizione ha conseguenze maggiori sulla madre rispetto al feto che è privilegiato, ma in condizioni di marcate restrizioni ne viene anch'esso influenzato negativamente. I deficit alimentari in gravidanza possono causare abortività, anomalie congenite, rallentata crescita fetale intrauterina, basso peso fetale alla nascita e prematurità. Il sistema nervoso centrale embrionale sembra infatti particolarmente sensibile alla carenza nutrizionale ancora quando la donna non sa di essere gravida.

L'esempio più importante è la scarsità di acido folico che può causare malformazioni del Sistema Nervoso Centrale (S.N.C.). E' ipotizzabile che l'anencefalia, ovvero il mancato sviluppo dell'encefalo, e la spina bifida possano essere solo l'espressione più evidente di un grave deficit di folati, mentre la loro carenza potrebbe dare alterazioni anche neuropsichiche latenti difficili da rilevare, ma non escludibili in base alle conoscenze e possibilità diagnostiche attuali.

La scarsa nutrizione materna sembra aumenti anche il rischio di gastroschisi, che è una rara malformazione fetale in cui l'apparato digerente protrude attraverso un difetto della parete addominale.

Le adolescenti gravide hanno un rischio particolarmente aumentato di avere un basso peso pregravidico e uno scarso incremento di peso in gravidanza. Esse inoltre possono presentare con maggior frequenza: anemia, infezioni e complicanze ostetriche conseguenti anche ad un eventuale basso livello economico-culturale.

Le restrizioni alimentari sono una causa dello scarso incremento ponderale materno in gravidanza e si associano ad anemia e depressione postparto. Inoltre si associano ad iperemesi gravidica che a volte è espressione di una bulimia latente e sembra correlare con una maggiore incidenza di labiopalatoschisi, ovvero difetti di formazione del labbro superiore o del palato.

I maggiori rischi ostetrici materni e fetali che potrebbero presentarsi nell'affrontare una gravidanza in una donna sottopeso o con deficit nutrízíonali sono rappresentati da:

 Abortività;

 Anomalie congenite;

 Iperemesi gravidica;

 Scarso incremento ponderale materno;

 Anemia materna;

 Infezioni materne;

 Rallentata crescita fetale intrauterina;

 Parto pretermine e prematurità;

 Basso peso fetale alla nascita;

 Possibile aumento del rischio di problemi nutrizionali, neuropsichici, metabolici e cardiovascolari della prole da adulti.

La crescita fetale è il risultato di una complessa e dinamica interazione tra fattori genetici ambientali e nutrizionali e sembra tuttavia condizionata maggiormente da fattori ambientali, che genetici. E' influenzata da fattori materni più che da quelli di origine paterna. La funzionalità utero-placentare condiziona la crescita più delle anomalie alimentari della madre. La ridotta crescita fetale è quindi dovuta principalmente a fattori placentari, genetici o infettivi, ma l'alimentazione materna è una causa più facilmente controllabile e modificabile.

Uno studio effettuato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità su 110.000 nati in 20 Paesi ha confermato che il ridotto peso neonatale ha come cause principali il basso peso materno prima della gravidanza, che aumenta il rischio di 2.38 volte, ed il lieve incremento di peso alla 36a settimana di gestazione, che lo incrementa di 2.59 volte.

RISCHIO DI AVERE UN FETO PICCOLO PER L'ETÀ IN BASE AL BMI MATERNO

Categoria di BMI Materno               Rischio relativo di basso peso fetale

Magre                                              1

Normopeso                                      0,7

Sovrappeso e Obese                       0,5

Le madri sottopeso, di bassa statura o con condizioni nutrizionali peggiori, che le portano ad avere un ridotto incremento ponderale, tendono generalmente ad avere feti e placente più piccole. Il rischio per le donne sottopeso prima della gravidanza, o con scarso incremento ponderale in gravidanza, di avere un feto piccolo, è aumentato di circa l'80%. Questi sono i fattori eziologici prevalenti nei Paesi in via di sviluppo, mentre nei Paesi occidentali l'abitudine al fumo sembra essere una causa di rallentata crescita fetale ancora più importante.

In corso di restrizioni caloriche la madre produce corpi chetonici nocivi per il feto, il quale ha limitate capacità di metabolizzarli. I neonati a basso peso, in particolare se la loro crescita è molto rallentata, rispetto al loro presunto potenziale genetico di incremento ponderale, hanno un maggior rischio di mortalità perinatale, ovvero tra le 28 settimane di gestazione e la quarta settimana dopo la nascita, rischiano anche di avere gravi complicanze come l'enterocolite necrotizzante, che è una patologia dell'apparato digerente, e la sindrome da distress respiratorio, che impedisce loro di respirare adeguatamente. Sembra che le gravi restrizioni alimentari subite dal feto nella vita intrauterina possano avere anche effetti negativi nel lunghissimo termine con aumentata morbilità e mortalità perinatale, problemi nutrizionali, neuropsichici, metabolici e cardiovascolari. Aumenta infatti il rischio di obesità, ipertensione, diabete di tipo 2, coronaropatie, ipercolesterolemia e malattie della coagulazione nell'età adulta.

L'iponutrizione e/o l'ipossia durante determinati periodi critici della vita intrauterina possono causare alterazione della "programmazione" della struttura e funzione cardiovascolare e metabolica. Si verifica nel feto, in caso di ritardo di crescita, una vasocostrizione di tutti i vasi sanguigni periferici che orienta preferenzialmente il flusso ematico verso gli organi vitali nobili (cervello e cuore), con finalità di compenso e protezione, ma talora con conseguenze non del tutto reversibili sulla distensibilità delle grandi arterie. Il basso peso fetale aumenta il rischio di sviluppare da adulto insulino resistenza, ovvero resistenza all'effetto dell'insulina, o diabete non insulino dipendente, detto anche dell'adulto o di tipo 2, ed obesità centrale, ovvero disposta prevalentemente nell'addome.

I gemelli nascendo di basso peso rispetto ai feti singoli, hanno maggiore predisposizione all'insulino resistenza. Questo rischio è più correlato con il ridotto apporto di nutrienti in utero che con il loro peso.

Il rischio di sindrome metabolica, ovvero diabete dell'adulto, obesità e malattie cardiovascolari, è ancora maggiore se il basso peso alla nascita si dovesse poi associa poi ad un eccessivo e precoce incremento ponderale.

Ad esempio i neonati prematuri che recuperano maggiormente il peso hanno maggiori benefici sullo sviluppo cerebrale, ma potrebbero avere anche maggiori livelli di insulinoresistenza. La spiegazione di ciò è che il feto in utero percepisce le difficili condizioni nutrizionali e si adatta in modo talora irreversibile. Se per tutto il resto della sua vita continuerà ad esserci uno scarso apporto di cibo la tendenza ad accumulare grasso e ridurre il metabolismo gli sarà utile, come è sempre stato utile durante tutta l'evoluzione della nostra specie. Oggi che l'apporto nutrizionale è generalmente eccessivo tale meccanismo adattativo diviene causa delle principali patologie, quali diabete, obesità e malattie cardiovascolari, e della ridotta capacità riproduttiva che è condizionata anche dalle alterazioni metaboliche.

Il problema è emerso in Italia per le condizioni di vita rapidamente mutate nel dopoguerra e sta esplodendo come un importante problema socio-sanitario per quantoriguarda alcune tipologie di immigrati.

Dati scientifici recenti confermano l'efficacia di una adeguata alimentazione per migliorare:

  • Le dimensioni del feto, in relazione all'età gestazionale;

  • Il peso neonatale;

  • Nel ridurre il rischio di nati morti;

  • Maggiore è l'apporto calorico più favorevoli sono i suddetti parametri .

Le donne sottopeso dovrebbero tentare di normalizzare il più possibile il peso prima di iniziare una gravidanza. Una donna che inizia la gravidanza sottopeso può aumentare anche fino a 18 Kg. Le gravide devono evitare il digiuno prolungato e le diete restrittive in quanto un incremento di peso materno in gravidanza troppo ridotto aumenta il rischio di ridotta crescita fetale e probabilmentee anche quello di parto pretermine.

Sintomi menopausa - La visita ginecologica