Dott. Vincenzo Alvino

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Omosessualità E Disagio Personale

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Omosessualità e disagio personale e relazionale 

Per omosessualità si intende l’orientamento sessuale di una persona che si manifesta come attrazione sentimentale e/o sessuale, preponderante o esclusivo, nei confronti di individui del proprio sesso, in base a una pulsione interna personale, e non indotta dall'ambiente, da coercizione o da necessità economiche.

Il termine omosessualità, introdotto nel 1869 dal medico ungherese di lingua tedesca Karl Maria Kertbeny, costituisce la traduzione italiana della parola tedesca Homosexualität (dal greco omoios, “simile”, e dal latino sexus, “sesso”). Sempre Kertbeny coniò anche i termini di Normalsexualität (“Normosessualità”) e Doppelsexualität (“Bisessualità”). Mentre negli anni venti si affermò il termine Eterosessualità.

L'American Psychological Association, l'American Psychiatric Association, e la National Association of Social Workers annotano che “L'Orientamento sessuale si riferisce ad un modello duraturo o ad una disposizione all'esperienza sessuale, affettiva o di romantica attrazione, primariamente a uomini, donne o entrambi i sessi”.

L’orientamento sessuale si esprime lungo un continuum, estendendosi da un'identità esclusivamente eterosessuale ad una esclusivamente omosessuale sul versante opposto, e viene solitamente classificato in tre categorie:

  • eterosessuale (avente attrazione sessuale e romantica primariamente o esclusivamente con membri dell'altro sesso);
  • omosessuale (avente attrazione sessuale e romantica primariamente o esclusivamente con membri dello stesso sesso);
  • bisessuale (avente un significante grado di attrazione sessuale e romantica nei confronti di entrambi i sessi, uomini e donne).

L'orientamento sessuale va distinto dall'identità di genere (il senso psicologico di appartenenza al genere maschile o femminile), e dal ruolo sociale di genere (l'adesione alle norme culturali che definiscono i comportamenti mascolini o effeminati) e gli aggettivi più comunemente utilizzati per descrivere gli individui omosessuali sono lesbica, per le donne omosessuali, e gay, per gli uominii.

Le persone con un orientamento omosessuale che non si identificano come gay o lesbiche e non accettano il proprio orientamento omosessuale oppure che nascondono i loro veri sentimenti e le proprie pulsioni, a causa del timore della disapprovazione altrui, o per il timore di subire in qualche modo violenza, vengono comunemente definiti repressi mentre chi dichiara apertamente il proprio orientamento omosessuale viene definito coming out (dall'inglese “uscire fuori”).

Generalmente, il coming out si manifesta in tre fasi:

  • La prima fase è quella del “conoscere se stessi”, e della realizzazione o decisione di emergere come una persona aperta a relazioni con persone dello stesso sesso. Ciò viene spesso definito come un coming out interno.
  • La seconda fase prescrive la propria decisione di “uscir fuori” con altre persone, ad esempio la famiglia, gli amici e/o i colleghi. Questa fase può avvenire in età anche molto differenti tra soggetto e soggetto, essendo strettamente legata all'evoluzione e alla situazione individuale.
  • La terza fase è rappresentata, più generalmente, dal vivere apertamente come una persona LGB (lesbiche, gay e bisessuali).

Generalmente, il coming out avviene nella prima età adulta, quando si frequentano le scuole superiori o l'università.

L’omosessualità, considerata fino a 50 anni fa dalla comunità scientifica ancora come una psicopatologia, venne cancellata definitivamente nel 1974 dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM) dell’American PsychiatricAssociation (nella versione del DSM del 1952 classificata ancora tra i “Disturbi sociopatici di Personalità”) ma sopravvisse ancora la cosiddetta ”omosessualità egodistonica”, ovvero quella condizione in cui la persona omosessuale non accetta il proprio orientamento sessuale e lo vive con disagio. Anche questa definizione venne eliminata dal DSM del 1987, e nel 1990 anche l’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) ha cancellatol’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali, definendola semplicemente “una variante naturale del comportamento sessuale umano”.

Molte persone possono provare infatti attrazione sessuale e/o sentimentale, sia per persone dell'altro che del proprio sesso (bisessualità in senso stretto) inoltre, si possono verificare comportamenti omo o bisessuali per cause psicosociali, tra cui:

  • l’omosessualità situazionale, detta anche "omosessualità di compensazione" o “pseudo-omosessualità”, che si verifica ad esempio nelle comunità di persone di un solo sesso, come le carceri, le caserme, ecc.;
  • l’omosessualità “adolescenziale” o “transitoria”, che si manifesta durante la normale fase di sviluppo della propria identità sessuale con comportamenti omosessuali infantili e adolescenziali (i cosiddetti “giochi" sessuali”);
  • i comportamenti omosessuali nella “prostituzione maschile”.

Secondo vari autori “Lo sviluppo dell'identità sessuale di lesbiche, gay e bisessuali (LGB) è un processo complesso e spesso difficile. L'American Psychiatric Association (APA) ha inoltre affermato che "alcune persone credono che l'orientamento sessuale sia innato e stabile; malgrado ciò, l'orientamento sessuale si sviluppa nel corso della vita di una persona”. "Differenti persone realizzano in differenti momenti della propria vita di essere eterosessuali, gay, lesbiche o bisessuali". Un rapporto della Centre for Addiction and Mental Health afferma che "Per alcune persone, l'orientamento sessuale è continuo e stabile nella loro vita, per altri, l'orientamento sessuale può essere fluido e cambiare nel corso del tempo”.

In ambito terapeutico, l'American Psychological Association “incoraggia i professionisti di sanità mentale a sfatare la travisante efficacia dei tentativi di cambiamento dell'orientamento sessuale che promuovono o promettono il cambiamento del medesimo, e conclude che i benefici riportati dai partecipanti a tentativi di cambiamento possono essere ottenuti mediante approcci che non intentano al cambiamento dell'orientamento sessuale”. L'Australian Psychological Society afferma che "L'orientamento omosessuale non è una malattia mentale e non ci sono ragioni scientifiche per tentare una conversione di lesbiche o gay ad un orientamento eterosessuale. L'APS riconosce anche la scarsità di evidenza scientifica riguardo l'utilità di una terapia di conversione, e sottoscrive che essa potrebbe, di fatto, essere dannosa per l'individuo. Cambiare l'orientamento sessuale di una persona non è semplicemente una questione di cambiamento del comportamento sessuale della stessa. Esso necessiterebbe del cambiamento dei sentimenti emozionali, romantici e sessuali della persona e la ricostruzione della concezione di sé e dell'identità sociale."

Similmente, il Royal College of Psychiatrists stabilisce che “Non v'è alcuna evidenza scientifica che l'orientamento sessuale possa essere modificato”, e che "La maggior evidenza dell'efficacia di un qualsivoglia trattamento deriva da test clinici random, e che nessun test di questo tipo è stato mai eseguito in questo campo." In sostanza, non esiste una valida evidenza scientifica per cui l'orientamento sessuale possa o debba essere modificato”.

In ambito terapeutico pertanto, non si dovrebbe interviene per cercare di “cambiare” la tendenza omosessuale piuttosto, nei soggetti che vivono il proprio orientamento omosessuale o eterosessuale con disagio o sensi di colpa, si tenta di armonizzare gli elementi distonici della personalità, lungo un percorso di supporto che consenta di comprendere e di superare la difficoltà ad accettare il proprio orientamento sessuale, e di viverlo serenamente.

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