Dott. Vincenzo Alvino

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Disturbi Del Desiderio Sessuale E Disturbi Di Evitamento

L'unico autorizzato ad effettuare una consulenza medica ed esprimere un parere riguardo ad una vostra richiesta è il vostro medico, per cui tutte le informazioni presenti sul sito hanno carattere puramente informativo e non possono in alcun modo sostituire quello che è il suo parere.

DISTURBI DEL DESIDERIO SESSUALE (DISTURBI DI EVITAMENTO E AVVERSIONE SESSUALE)

Tutti sanno cos’è il desiderio sessuale, come emozione, quando lo provano eppure molti ne lamentano la mancanza o la scarsa intensità e cercano di ottenerlo con droghe e stimoli sempre più trasgressivi.

Il desiderio sessuale è espressione di una funzione cerebrale piuttosto complessa, che induce il bisogno e il desiderio di comportarsi in un certo modo dal punto di vista sessuale e può essere attivato:

  • Da stimoli interni al corpo, ormonali e psichici, come le fantasie sessuali e i sogni erotici;

  • Da stimoli esterni al corpo, veicolati attraverso gli organi di senso che “accendono” il desiderio quando si incontra una persona che in qualche modo  attrae.

All’induzione del desiderio sessuale contribuiscono alcuni importanti fattori quali:

  • Lo stimolo fisico e istintuale;

  • La motivazione emotiva;

  • La valutazione razionale della situazione sessuale dei rischi e dei vantaggi ad essa legati.

 

IL DISTURBO DI “AVVERSIONE SESSUALE” IN COSA CONSISTE?

Normalmente, l’intimità sessuale tra due persone che cominciano a piacersi e a volersi bene cresce di pari passo alla motivazione all’inizio a stare bene insieme e poi ad avere rapporti sessuali, e questa motivazione è fatta sia di attrazione fisica che di sentimenti ed emozioni. E’ un processo estremamente dinamico, talora quasi ”esplosivo”, come avviene ad esempio nel cosiddetto “colpo di fulmine”, altre volte il dinamismo è più lento e dolce, come succede quando l’amicizia e l’affetto diventano pian piano amore e attrazione.

Quando l’intimità scatena invece un’ansia indicibile e viene percepita come un qualcosa di angosciante può portare ad una vera e propria “avversione sessuale”, che si manifesta per evitare il ripetersi di un’esperienza che farebbe stare molto male. L’avversione può avere una prevalente componente fisica, con sintomi tipici di un’ansia somatizzata, dovuta al sistema neurovegetativo, involontario, che può indurre: nausea, sudorazione fredda, vasocostrizione, tachicardia, e qualche volta persino fame d’aria. Questi disturbi possono essere così intensi da potersi  quasi considerare un vero e proprio attacco di panico.

Quindi l’intimità in alcuni casi potrebbe scatenare, per vari motivi, una forte ansia, e la donna potrebbe avere un rifiuto più o meno netto dell’intimità stessa, e persino un disgusto che, in casi estremi, può sfociare in quella che la dottoressa Kaplan ha definito una vera e propria “avversione sessuale”. Per esempio, se la donna ha subìto un abuso fisico nell’infanzia, da adulta è possibile che cerchi in ogni modo di evitare l’intimità per non dover rivivere ogni volta quella drammatica esperienza. In questi casi, l’avversione non è solo “psicologica”, ma può avere una prevalente componente fobica, con i sintomi tipici dell’ansia somatizzata. 

L’avversione sessuale potrebbe essere considerata una vera e propria fobia nel senso che l’angoscia nei confronti dell’intimità, determina uno stato di panico e un aumento brusco degli ormoni dell’allarme e della paura in particolare l’adrenalina (che causa la sudorazione fredda, l’aumento del battito cardiaco e la nausea ) e l’innalzamento del cortisolo. Di pari passo gli ormoni sessuali, e cioè gli estrogeni e gli androgeni surrenalici, si riducono notevolmente a causa dello stress, e ciò dimostra ulteriormente l’effetto estremamente inibente che l’attacco fobico esercita sulla motivazione sessuale. Quando il trauma emotivo alla base del problema è stato intenso, o si è ripetuto più volte, è come se l’organismo venisse messo in uno stato di allarme permanente, con peggioramento dei sintomi d’ansia e della nausea ad ogni situazione che rievochi anche lontanamente l’esperienza negativa; questo stato che si viene a verificare, va ben specificato in quanto è essenziale per aiutarci a capire quanto i farmaci che possono ridurre questo stato di allarme siano preziosi per uscire da tale grave situazione di empasse. E’ indispensabile rivolgersi ad un terapeuta che sappia lavorare contemporaneamente sia sulle basi fisiche che su quelle emotive di questo stato patologico e che allo stesso tempo dia valore a tutto il bene che può nascere da un rapporto di coppia qualitativamente buono.

Alcune volte invece, l’avversione è più razionale, per esempio quando una donna “evita” volontariamente l’intimità sessuale con il partner per vari motivi ad esempio:

  • Perché la donna trova frustrante far l’amore con "quel" determinato partner;

  • Perché l’intimità la fa sentire sessualmente inadeguata;

  • Perché il partner può averla delusa, sul fronte affettivo oppure, ed è più frequente di quanto non si pensi, sul fronte della cura di sé e dell’igiene personale, specie nelle coppie di mezza età;

  • Altre volte può nascere dal timore di mostrarsi nudi, perché ci si sente fisicamente inadeguati, per l’età, per il fatto di essere in sovrappeso, oppure per l’esito di interventi chirurgici.

Questa molteplicità di fattori di cui il medico dovrebbe sempre tenere conto, si basa sull’estrema complessità dei meccanismi biologici, psicologici e relazionali del desiderio e dell’eccitazione femminile. Il fatto di capire prima da che cosa possa derivare l’avversione è quindi essenziale per definirne poi la cura più efficace.

Sia l’”avversione” che l’”evitamento” sono strettamente correlati a fattori neurovegetativi e cognitivi mediante un'interrelazione complessa, infatti entrambe le componenti, quella neurovegetativa, involontaria, e quella cognitiva, volontaria, possono essere presenti, tuttavia, in genere si tende a parlare di “avversione” vera e propria quando si è in presenza di una prevalente base fobica, mentre si preferisce il termine “evitamento” quando la donna decide di non esporsi all’intimità . Spesso, però, i due termini possono considerarsi intercambiabili. In molti casi, d’altra parte, la donna “sceglie” l’evitamento solo a livello inconscio, e quindi non consapevole, anche se non matura necessariamente un atteggiamento fobico; invece in altri casi, l’ansia potrebbe essere, secondo la Kaplan, il frutto di una predisposizione genetica e non necessariamente di un evento traumatico. Ovviamente la realtà è sempre molto più complessa delle definizioni scientifiche, soprattutto quando le variabili psico-relazionali si intrecciano con quelle fisiche. I due termini non vanno quindi intesi in modo rigido, ma solo come indicatori della possibile prevalenza di una possibilità etiologica sull’altra.

Quindi in molti casi, l’avversione sessuale non è solo psicologica, ma può avere una prevalente componente fisica, con i sintomi tipici di un’ansia somatizzata nel senso che il sistema neurovegetativo involontario, al solo pensiero di un approccio sessuale, va in crisi totale potendo determinare importanti reazioni di tipo neurovegetativo quali: nausea, sudorazione fredda, vasocostrizione, tachicardia, brusche variazioni di pressione, talora persino fame d’aria e vomito.

Questa spiacevole situazione è dovuta ad un brusco incremento degli ormoni che determinano uno stato di allarme quali l’adrenalina (che causa la sudorazione fredda, l’aumento del battito cardiaco, la nausea) e il cortisolo; nello stesso tempo gli ormoni sessuali, cioè gli estrogeni e gli androgeni surrenalici, tendono a ridursi a causa dello stress che si è venuto a determinare; questo fatto potrebbe spiegare ulteriormente l’effetto estremamente inibente che l’attacco fobico esercita sulla motivazione sessuale a parte il caso di una predisposizione genetica, la motivazione fobica dell’avversione è da attribuire il più delle volte ad un abuso fisico (molestie sessuali, stupro, incesto) o psicologico (molestie verbali, maltrattamenti, o l’aver assistito a una scena traumatica), soprattutto se tale abuso è stato subìto durante l’infanzia. L’avversione fisica che la donna prova alla sola idea che un uomo possa toccarla esprime allora la profondità e la drammaticità del condizionamento negativo che il trauma ha determinato nella sua mente. Le reazioni di panico e sofferenza descritte sono infatti coordinate dalla parte più automatica e antica del sistema nervoso centrale, che a sua volta registra e ricorda tutte le esperienze che possano avere in qualche modo influito negativamente sul rapporto con gli altri e con l’ambiente. Un trauma di questo tipo non è una sensazione passeggera, fatta solo di emozioni negative, ma si introduce indelebilmente nella biochimica del cervello, e condiziona parte dei nostri processi psichici e perfino le nostre reazioni automatiche. Nei casi più gravi di ansia e fobia si parla addirittura di “sindrome post traumatica da stress” (Post Traumatic Stress Disorder, PTSD). Si tratta di uno stato di allarme permanente caratterizzato da ipervigilanza, ansia anticipatoria estrema, angoscia, attacchi di panico a ogni situazione che rievochi anche solo lontanamente l’esperienza negativa, e persino flashback, ossia la tendenza a rivivere in modo improvviso, incontrollabile e drammaticamente realistico l’evento traumatico

La complessità e la gravità dei sintomi neurovegetativi può aiutare a capire quanto alcuni farmaci possano essere preziosi per migliorare la situazione. In questi casi, però è quasi sempre indispensabile avviare anche una qualificata psicoterapia, per lavorare contemporaneamente anche sulle basi emotive del sintomo.

L'”evitamento volontario”: motivazioni psicosessuali e relazionali

Altre volte invece l’avversione matura sul piano cognitivo e razionale, e si preferisce parlare allora di “evitamento” ciò accade, per esempio, quando la donna respinge volontariamente l’intimità sessuale con il partner perché trova frustrante far l’amore con lui, o perché si sente sessualmente incapace. Un tempo le donne con questi sintomi erano definite “frigide” o “sessualmente insensibili”. In altri casi l’evitamento si potrebbe verificare perché il partner l’ha delusa sul fronte affettivo oppure perché non ha cura di sé e dell’igiene personale. Altre volte ancora, l’evitamento sessuale può nascere perché la donna si sente fisicamente inadeguata per il deterioramento, reale o percepito, della sua immagine corporea, dovuto soprattutto ai fenomeni legati all’invecchiamento, ai trattamenti medici o all’esito estetico di interventi chirurgici. In questi casi la donna si percepisce come fisicamente poco attraente, ed evita quindi ogni forma di intimità sessuale.

L’evitamento dell’intimità viene spesso osservato in parallelo ad altre disfunzioni sessuali, in particolare con il disturbo del desiderio sessuale ipoattivo e la fisiopatologia di questo insieme di patologie si basa sia sulla neurobiologia delle emozioni fondamentali che contribuiscono ad alimentare e a modulare il desiderio sessuale, sia sui fattori psicosessuali che possono agire come fattori predisponenti, o precipitanti, per entrambe le patologie.

In altri casi, l’”avversione sessuale” della donna potrebbe prendere origine da una disfunzioni sessuale del partner, che, a sua volta, contribuirebbe poi ad alimentare e sostenere e potrebbe essere diagnosticata solo quando il partner, o la coppia, si consulta per il disturbo maschile.

La complessità dei fattori in gioco aiuta a capire come una buona diagnosi differenziale sia essenziale per definire la terapia più efficace.

Le condizioni di salute della donna possono certamente influenzare la sua motivazione sessuale ed esse possono svolgere un ruolo importante nell’”evitamento sessuale”, a causa dei cambiamenti biochimici, neurologici, fisiologici, psicologici ed emotivi dovuti ad eventuali malattie e/o ad un trattamento terapeutico. Il diabete mellito, un tumore della mammella o un tumore ginecologico, per esempio, possono contribuire all’”evitamento sessuale” con diversi meccanismi fisiopatologici. L’uso di antidepressivi ad esempio può indurre un appannamento della funzione orgasmica e, di conseguenza, un progressivo rifiuto dell’intimità.

Il diabete mellito può causare una diminuzione delle sensazioni e della lubrificazione genitale, e portare così all’insorgenza di disturbi sessuali di crescente gravità, sino all’evitamento sessuale.

Anche le donne in cura per un tumore al seno o un tumore di tipo ginecologico spesso segnalano un peggioramento della funzione sessuale, che può sfociare nell’evitamento volontario dell’intimità e a seconda della terapia a cui la donna si stia eventualmente sottoponendo, ciò può essere determinato:

  • Dal deterioramento dell’immagine corporea dovuto alla mastectomia, al linfedema, all’asportazione dell’utero (isterectomia) e delle ovaie (ovariectomia bilaterale);

  • Dalla compromissione delle basi fisiche della risposta sessuale derivante dalla menopausa iatrogena secondaria all’ovariectomia bilaterale, alla chemioterapia, alla radioterapia e ad altre opzioni terapeutiche, o anche dal fatto che l’asportazione dell’utero può impoverire l’intensità e la qualità delle contrazioni orgasmiche  ad esempio dopo l’isterectomia alcune donne riferiscono che l’orgasmo “non è più come prima”.

Va inoltre tenuto presente che, con l’ovariectomia bilaterale, la donna perde non solo il 100% degli estrogeni, ma anche il 50% circa del testosterone, e questo contribuirebbe in modo determinante a privarla della spinta biologica più forte del desiderio ed infatti vengono frenate sia la via “dopaminergica”, ossia la parte del cervello che attiva il desiderio sessuale, l’energia vitale, l’assertività, la voglia di fare, di sedurre, di rispondere ad un’avance sessuale gradita, sia la via “serotoninergica” che regola il tono dell’umore. In una buona percentuale di casi questo appannamento generale del desiderio sessuale e dell’umore potrebbe determinare una vera e propria avversione sessuale, un’avversione cioè strettamente dipendente proprio dalla carenza ormonale, sempre che nella coppia non ci siano conflitti, delusioni, tradimenti o altri fattori negativi di tipo affettivo.

Anche l’uso di psicofarmaci, e in particolare degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, può comportare problemi a lungo termine. Le ricerche parlano di un 30-60% di effetti collaterali, in particolare disturbi del desiderio, dell’eccitazione e dell’orgasmo, sino al caso limite del blocco totale, quando la dose del farmaco è elevata. Questo è dovuto al meccanismo biochimico utilizzato dal farmaco. E’ però anche vero che, sovente, è la depressione stessa a compromettere la risposta sessuale e, in particolare, il desiderio sessuale. La cura, migliorando altri sintomi più evidenti dello stato depressivo, legati alla qualità della vita in generale, può quindi portare la paziente a notare con maggiore consapevolezza il problema legato alla sessualità.

Vanno ricordati altri fattori che possono influire sulla genesi dell'avversione o dell'evitamento sessuale e cioè:

  • Le mutilazioni non terapeutiche di matrice culturale, come la circoncisione (asportazione del prepuzio del clitoride), l’escissione (asportazione del clitoride e taglio totale o parziale delle piccole labbra) e l’infibulazione (asportazione del clitoride, delle piccole labbra, di parte delle grandi labbra con cauterizzazione, e cucitura parziale della vulva per preservare la verginità fino al matrimonio) . Queste forme di mutilazione sono praticate entro il primo anno di vita, o negli anni peripuberali come “rito di passaggio”;

  • Le aspettative religiose o culturali sulla sessualità femminile e la sua funzione nella società: enfatizzandone la dimensione procreativa rispetto a quella ricreativa, possono inibire potentemente il desiderio e il perseguimento del piacere. E’ infatti del tutto comprensibile che, se una donna prova forti sensi di colpa riguardo al piacere, finisca per sperimentare anche elevati livelli.

L'evitamento sessuale può essere indotto anche da problemi del partner ed infatti si è già accennato al fatto che l’avversione della donna può essere innescata da disfunzioni sessuali del partner (disfunzione erettile, eiaculazione precoce), soprattutto nelle coppie di una certa età.

Fra le condizioni predisponenti spiccano in particolare:

  • L’età;

  • L’immagine corporea, reale e percepita;

  • Le condizioni di salute;

  • L’equilibrio psicologico;

  • I valori sociali, culturali o religiosi;

  • La cura di sé e l’igiene personale.

Nelle coppie più anziane, in particolare, altri fattori decisivi sono rappresentati da:

  • L’età;

  • L’importanza attribuita all’intimità fisica, spesso maggiore nell’uomo che nella donna;

  • Il grado di cultura e di educazione;

  • L’eventuale presenza di disturbi sessuali.

La valutazione clinica deve mirare ad evidenziare e soppesare tutte le variabili personali e di coppia che si sono trovate e cioè:

  • Una eventuale componente fobica;

  • Condizioni di salute non ottimali;

  • Fenomeni collegati all’invecchiamento;

  • Immagine corporea;

  • Motivazioni psicosessuali e relazionali;

  • Mutilazioni genitali;

  • Aspettative religiose e culturali;

  • Problemi del partner;

  • Dinamiche conflittuali.

L’esame fisico è certamente indicato quando all’”evitamento sessuale” contribuiscano problemi legati all’immagine corporea e/o a risultati chirurgici che vengono percepiti negativamente.

E’ importante che il medico sia il più possibile empatico e sappia incoraggiare la donna a superare il senso di vergogna legato alla tipologia del disturbo, agli eventi ad esso collegati (traumi, mutilazioni, credenze, altre disfunzioni sessuali), e ad aprirsi alla possibilità di guarire.

Le pazienti che hanno subito un trauma possono impiegare un lungo periodo di tempo per riconquistare un sufficiente livello di fiducia e sicurezza in modo tale da riuscire a raccontare ricordi personali spesso imbarazzanti. Il medico dovrebbe verificare con molto tatto l’esistenza di traumi infantili.

In caso di evidenti resistenze inconsce da parte della paziente, può essere utile parlare dell’evento traumatico come se si fosse effettivamente verificato: questa strategia comunicativa incoraggia la donna a integrare ed eventualmente correggere l’ipotesi del medico, accogliendo il “permesso” di affrontare un argomento così delicato.

Se la donna è di cultura africana, vi è un’alta probabilità che possa avere subìto una mutilazione genitale, o che possa avervi assistito da bambina, il che potrebbe essere stato altrettanto traumatico. Anche in questo caso, è opportuno che il medico affronti, naturalmente sempre con il dovuto tatto, il discorso come se ciò fosse effettivamente accaduto e aiuti la donna a confermare o eventualmente smentire tale ipotesi, piuttosto che attendere che sia lei a fornire spontaneamente un’informazione così delicata e imbarazzante.

Se al consulto si presentano entrambi i componenti della coppia, il medico dovrebbe procedere con sedute sia congiunte che separate. Spesso, infatti, il colloquio individuale può rivelare prospettive ed esperienze che non emergono  nella sessione congiunta. In particolare, se la donna per diverse ragioni non si sente più attratta dal partner ed evita volontariamente l’intimità, è bene che possa esprimere tutte le sue motivazioni privatamente. In caso di forti conflitti di coppia, infine, il medico deve essere consapevole del potenziale “guadagno” secondario che potrebbe derivare dal mantenimento del problema.

 

COME SI POSSONO CURARE I DISTURBI DA AVVERSIONE SESSUALE

La complessità dell’etiologia del disturbo di avversione sessuale implica la necessità di un approccio multidisciplinare, con un team in cui dovrebbero lavorare in stretta collaborazione un ginecologo, uno psicologo, un sessuologo e un fisioterapista.

Se all’origine dell’avversione c’è un trauma (e/o una predisposizione genetica ai disturbi di ansia), si possono ottenere buoni risultati integrando, da un lato, una terapia farmacologica che vada ad attenuare progressivamente la sintomatologia di tipo fobico, che si viene ad attivare ad ogni segnale, anche indiretto, di corteggiamento maschile e, dall’altro lato, iniziando una psicoterapia specificamente orientata a disinnescare la risposta di avversione. Questa associazione terapeutica sembra offrire i risultati migliori e più duraturi ed infatti una volta che si riesca ad attenuare la componente di avversione neurovegetativa, è possibile iniziare a lavorare con risultati positivi anche sul tema centrale della fiducia. In ogni caso si potrebbe intervenire:

Sul fronte fisico e funzionale:

  • Con farmaci che riducano l’ansia e la fobia, come la paroxetina, che allevia i sintomi somatici d’ansia e migliora anche l’umore (in genere depresso dalla memoria del trauma);

  • Con una attività fisica svolta con regolarità, per scaricare in modo naturale la tensione accumulata;

  • Con lo yoga, che aiuta a regolarizzare il respiro e a sciogliere ulteriormente l'eventuale nodo di sofferenza;

  • Con una terapia sessuologico-comportamentale, per recuperare una piena competenza sessuale.

Sul fronte emotivo:

  • Con una psicoterapia individuale, per dar voce al dolore e alla rabbia per l’esperienza subita in modo di liberarsene;

Sul fronte della coppia:

  • Con una psicoterapia congiunta che consenta di recuperare gradualmente l’intimità.

Se all’origine del disturbo c’è invece una menopausa secondaria a ovariectomia bilaterale, chemioterapia o radioterapia “total body”, una terapia ormonale “su misura” con ormoni bioidentici (estradiolo e testosterone in cerotto) può con gradualità attenuare l’avversione sessuale fino a ripristinare desiderio e piacere. Va sottolineto il concetto della gradualità, perché riportare in equilibrio i neurotrasmettitori cerebrali dopo un intervallo più o meno lungo di “silenzio” ormonale, richiede alcuni mesi di cura prima di avvertire che il corpo risponda come prima dell’intervento e molte donne, dopo, dicono che “si sentono di nuovo donna”, oppure che “si sentono di nuovo vive”. Naturalmente, anche in questo caso, è necessario affrontare in parallelo le possibili implicazioni psicologiche che l’asportazione di utero e ovaie può aver comportato sul senso di femminilità e seduttività della donna.

La chirurgia estetica o funzionale può essere indicata quando l’evitamento sessuale scaturisca da problemi di immagine corporea, secondari per esempio a risultati negativi di un intervento o a mutilazioni genitali. Per esempio, le donne che hanno subìto una mastectomia possono aver bisogno di una ricostruzione del seno per ripristinare un’importante componente visiva della loro immagine corporea, anche se la perdita della percezione tattile della mammella ed erotica del capezzolo (totale dopo la mastectomia e parziale dopo la quadrantectomia) può indurre la paziente a evitare gli approcci centrati sul seno.

L’avversione sessuale è un segnale negativo importante che merita di essere compresa valutando l’origine della sua causa che potrebbe essere: biologica, psicologica e relazionale. La terapia di tale patologia è in genere multifattoriale, indirizzata a correggere i diversi fattori che concorrono all’evitamento dell’intimità. La prognosi è buona con un medico esperto, che sappia comprendere e curare la varietà di fattori che si esprimono con questo sintomo peculiare, che può minacciare la felicità personale e di coppia.

Sintomi menopausa - La visita ginecologica