Dott. Vincenzo Alvino

SPECIALISTA IN OSTETRICIA E GINECOLOGIA
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Ultimo aggiornamento il 09/02/2016 alle ore 13:41


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Aborto Ricorrente

L'unico autorizzato ad effettuare una consulenza medica ed esprimere un parere riguardo ad una vostra richiesta è il vostro medico, per cui tutte le informazioni presenti sul sito hanno carattere puramente informativo e non possono in alcun modo sostituire quello che è il suo parere.

ABORTO RICORRENTE E RUOLO DELLA METFORMINA

Per ABORTO RIPETUTO si intende la presenza di 2 aborti spontanei consecutivi; per ABORTO ABITUALE si intende la presenza di 3 aborti spontanei consecutivi. In letteratura spesso i termini ABORTO RICORRENTE, ABORTO RIPETUTO e ABORTO ABITUALE vengono usati indifferentemente per indicare 2 o più aborti ma anche 3 o più episodi abortivi ripetuti.

L'incidenza dell'aborto abituale è aumentata negli ultimi decenni attestandosi attualmente intorno al 2/3 %. La posticipazione dell'esperienza riproduttiva della donna è la principale causa dell'aumento degli aborti spontanei ricorrenti. La poliabortività definita come 3 o più aborti ripetuti, colpisce tra il 2% e il 5% delle coppie in età riproduttiva, mentre se la si considera a partire da due aborti l'incidenza arriva fino al 10%. L'età materna e il numero di aborti precedenti sono i principali fattori di rischio per l'aborto ricorrente.

Rischio di aborto ricorrente in relazione all'età materna:

Età materna        Rischio aborto

< 30 anni               25%

> 35 anni               19%

> 40 anni               50/60%

 

Rischio di aborto ricorrente in relazione al numero di precedenti aborti:

Numero di aborti precedenti        Rischio aborto successivo

 

1                                                      13%

2                                                      24,4%

3                                                      33%

>3                                                    50%

 

Oltre a questi due importanti fattori di rischio esistono diverse altre cause di poliabortività per le quali è opportuno procedere con un adeguato approccio diagnostico e terapeutico e che si possono riassumere nei seguenti fattori causali:

Cause genetiche: l'incidenza di cromosomopatie maggiori varia negli aborti spontanei tra il 40 e il 64% e la distribuzione di tali anomalie al primo posto vede le trisomie autosomiche (circa il 52%) spesso associate all'età materna avanzata, seguite dal 19% di monosomia del cromosoma X.

Cause Infettive: In letteratura vi sono segnalazioni piuttosto contrastanti sul ruolo eventuale della Chlamydia Tracomatis e del Mycoplasma nell'etiologia dell'aborto ricorrente ma ad oggi nessuna causa infettiva è stata associata in maniera convincente ad esso.

Cause anatomiche che possiamo distinguere in CONGENITE ed AQUISITE:

  • Cause anatomiche congenite: Utero malformato: unicorne, didelfo, bicorne, setto.
  • Cause anatomiche aquisite: Incontinenza cervicale, leiomiomi (in particolare i sottomucosi), sinechie endouterine.

Cause endocrine:

  • Deficit della fase luteale
  • Distiroidismi
  • Sindrome dell'ovaio policistico
  • Diabete

 

Cause ambientali

 

Cause legate a TROMBOFILIE CONGENITE cioè a quel gruppo di disordini genetici che comporta un rischio aumentato di trombosi. Le principali condizioni trombofiliche sono:

  • La presenza del fattore V di Leiden: è la più comune alterazione genetica che predispone alla trombosi la sua frequenza è del 3/45 nella popolazione. L'alterazione comporta una resistenza del fattore V alla neutralizzazione mediata dalla proteina C attivata (APCR) con conseguente stato di ipercoagulabilità.

  • La mutazione del gene G 20210 che aumenta di circa il 150/200% i livelli circolanti di protrombina aumentando quindi il rischio di tromboembolismo.

  • L'iperomocisteinemia (MTHFR) la mutazione del nucleotide 677 della MTHFR determina un elevato livello plasmatico di omocisteinemia con conseguente stato di ipercoagulabilità.

  • Deficit di: Proteina C, Proteina S, AT III (inibitori fisiologici della coagulazione) un loro deficit comporta un aumentato rischio tromboembolico. Il meccanismo d'azione di tali fattori sono verosimilmente legati ad eventi trombotici che si vengono a verificare nel letto vascolare utero-placentare con conseguente insufficienza placentare e che possono a loro volta determinare: complicanze più precoci (aborto del primo e del secondo trimestre) o complicanze più tardive (morte endouterina del feto, preeclampsia, ritardo di crescita fetale, distacco di placenta).

 

Lo studio di tutti i fattori trombofilici, al momento, sembra essere indicato in tutte le pazienti con perdita fetale nel 2° e 3° trimestre.

 

La terapia della trombofilia si basa sull'utilizzo di:

  • EPARINA,

  • EPARINA A BASSO PESO MOLECOLARE (LMWH) a dosi profilattiche (es. CLEXANE 1fl s.c. al giorno) in assenza di tromboembolismo.

  • In caso di OMOCISTEINEMIA si impiega ACIDO FOLICO, vit. B6 e vit. B12.

 

Cause AUTOIMMUNI: alcune malattie autoimmuni si potrebbero associare ad una aumentata incidenza di aborto ricorrente e perdite fetali dopo la 10° settimana come ad esempio il Lupus eritematosus sistemicus (LES) e la Sclerodermia sistemica progressiva.

La Sindrome da anticorpi antifosfolipidi ((APS) primaria (cioè con presenza di anticorpi antifosfolipidi in assenza di malattia autoimmune) e/o secondaria (presenza di malattia autoimmune e anticorpi antifosfolipidi) è sicuramente una importante causa di poliabortività.

 La sindrome da anticorpi antifosfolipidi è una malattia autoimmune caratterizzata da:

  • Episodi di trombosi (formazione di coaguli all'interno dei vasi sanguigni);

  • Perdita fetale ricorrente (aborti);

  • Piastrinopenia (quantità ridotta di piastrine nel sangue).

Tali manifestazioni sono causate da un gruppo di autoanticorpi (anticorpi diretti contro componenti del tessuto dell'individuo che li produce) chiamati anticorpi antifosfolipidi. Si ritiene che questi autoanticorpi interferiscano con la coagulazione causando vari sintomi, che rappresentano la conseguenza di eventi trombotici in ogni parte del corpo.

Il sistema immunitario normalmente produce anticorpi contro materiale estraneo all'organismo, come batteri, virus e altre proteine. In alcuni individui un funzionamento improprio del sistema immunitario causa la produzione di autoanticorpi e l'insorgenza di malattie cosiddette autoimmuni.

La sindrome da antifosfolipidi (APS) è, dunque, una malattia autoimmune e se ne conoscono due forme:

  • La sindrome da antifosfolipidi APS primaria, in individui con nessun altro apparente disordine autoimmune;

  • La sindrome da antifosfolipidi APS secondaria, in associazione con un'altra malattia autoimmune, per lo più il lupus eritematoso sistemico (LES) o la sclerodemia.

La sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS) è stata in origine riscontrata in persone affette da LES, e si pensava che si manifestasse soprattutto in questi pazienti. Oggi sappiamo che molti pazienti con sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS) non presentano necessariamente una forma di lupus eritematoso sistemico (LES) o la sclerodemia.

Gli anticorpi antifosfolipidi sono ricercati mediante due metodiche:

1) Test per il lupus anticoagulante (LA).

Si tratta di esami per individuare gli anticorpi che interferiscono con il sistema di coagulazione. Sono frequentemente utilizzati:

  • Il "tempo parziale di tromboplastina attivata" (APTT),

  • Il "tempo di veleno di vipera Russel diluito" (DRVVT)

  • Il "tempo di coagulazione al caolino" (KCT).

Una combinazione di questi esami ed esami di conferma sono utilizzati per verificare la presenza di anticorpi antifosfolipidi.

2) Test immunoenzimatico per gli anticorpi anticardiolipina (aCL).

E' un esame che individua gli anticorpi diretti verso la cardiolipina. E' abbastanza affidabile e facile da eseguirsi ed è attualmente ampiamente utilizzato. Più di frequente sono valutate le classi IgG e IgM degli anticorpi anticardiolipina. La classe IgA degli anticorpi anticardiolipina e gli anticorpi contro altri fosfolipidi possono essere valutati in alcuni casi. Il titolo (la quantità nel sangue) di questi anticorpi non è necessariamente correlato con il rischio di trombosi.

Gli esami per il lupus anticoagulante e quelli immunoenzimatici per gli anticorpi anticardiolipina sono analoghi, ma non del tutto equivalenti. Di conseguenza è importante che siano utilizzati entrambi i metodi se si sospetta che una persona sia affetta da sindrome da anticorpi antifosfolipidi APS.

La sindrome da antifosfolipidi è stata descritta per la prima volta nel 1983. Originariamente si pensava che gli anticorpi trovati nei pazienti con APS fossero diretti contro i fosfolipidi, specialmente la cardiolipina; da qui i termini "anticorpi antifosfolipidi" e "sindrome da antifosfolipidi". Recenti ricerche hanno rivelato che questi anticorpi sono, in realtà, diretti contro proteine del plasma legate ai fosfolipidi come la cardiolipina. La più conosciuta ed importante di queste proteine plasmatiche è chiamata beta2-glicoproteina I. I termini anticorpi antifosfolipidi e anticorpi anticardiolipina sono quindi impropri; in modo più preciso si dovrebbe parlare di anticorpi anti-beta2-glicoproteina I, o anticorpi anti-proteine associate ai fosfolipidi. La beta2-glicoproteina I è conosciuta per il suo ruolo nella coagulazione del sangue e nel metabolismo lipidico e si sta attualmente studiando quale possa essere la sua funzione precisa.

La patogenesi (perché e come accade) della sindrome da antifosfolipidi non è stata ancora chiaramente compresa e molti ricercatori stanno lavorando in questo senso e per trovare terapie appropriate.

Alcuni individui possono presentare anticorpi diretti contro la cardiolipina "nativa" e cioè anticorpi che si legano alla sola cardiolipina, senza l'intervento di proteine del plasma. Questi anticorpi antifosfolipidi "veri" sono in genere evidenziati in pazienti in corso di infezioni. E' importante distinguere tra anticorpi antifosfolipidi trovati in persone con APS ed i "veri" anticorpi anticardiolipina, perché nel secondo caso essi non rappresentano un fattore di rischio per trombosi o aborti e non sono associati all'APS.

ALCUNE IPOTESI ETIOPATOGENETICHE DI ABORTO RICORRENTE E/O MEF (cioè con quale meccanismo patogenetico la sindrome anticorpi antifosfolipidi può comportare perdita fetale):

  • Danno degli anticorpi anticardiolipina (aCL) direttamente al trofoblasto;

  • Azione inibitoria degli anticorpi antifosfolipidi (aPL) sulla crescita del trofoblasto (formazione del sincizio);

  • Azione anticoagulante che viene eliminata dagli anticorpi anticardiolipina (aCL) dai siti fosfolipidici placentari annullando gli effetti della proteina stessa;

  • Vasculopatia deciduale ed infarti placentari, mediata da un danno alla cellula endoteliale e alle piastrine;

  • Interferenza con l'annessina V placentare, proteina ad azione anticoagulante che viene spiazzata dagli anticorpi aCL dai siti fosfolipidici placentari annullando gli effetti della proteina stessa;

  • Vasculopatia deciduale ed infarti placentari, mediata da un danno alla cellula endoteliale e alle piastrine;

 

QUANDO SI PUO' FARE DIAGNOSI DI SINDROME DA ANTIFOSFOLIPIDI?

I pazienti con sindrome da anticorpi antifosfolipidi APS possono andare incontro a trombosi in quasi tutte le parti del corpo. I sintomi riscontrati più di frequente sono:

  • Trombosi venose profonde nelle estremità inferiori;

  • Embolia polmonare;

  • Infarto cerebrale (ictus) e infarto del miocardio;

  • Gli aborti abituali sono ritenuti essere conseguenza di trombosi nella placenta;

  • A volte è presente piastrinopenia, ma in genere di entità modesta.

La recente riclassificazione della sindrome comprende criteri clinici e laboratoristici per fare diagnosi di sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS) e questa si rende manifesta quando in una persona si riscontra:

  • Almeno un episodio trombotico;

  • Aborti ricorrenti;

  • Piastrinopenia;

  • E' positivo uno qualsiasi dei test descritti e cioè: presenza di anticorpi anti cardiolipina (aCL) a titolo medio/elevato, (beta 2 glicoproteina 1 dipendenti)) e/o la presenza di Lupus anticoagulant (LA), confermati in 2 o più occasioni a distanza di almeno 6 settimane.

 

Per la diagnosi della sindrome è necessario il riscontro della presenza di un criterio clinico e di uno laboratoristico.

La percentuale di prevalenza della positività per la sindrome da anticorpi antifosfolipidi varia notevolmente a seconda del tipo di popolazione che si prende in esame, ed infatti risulta:

  • Nelle donne sane del 2-5% ;

  • Nelle donne che presentano LES del 37-40%;

  • Nelle donne affette da Sclerodermia del 5%;

  • Nelle donne affette da Artrite reumatoide del 7%; (sindrome secondaria)

  • Nelle donne che presentano poliabortività "sine causa", senza altra patologia autoimmune associata, del 10-20% (sindrome primaria).

La sindrome spesso coesiste con malattie del collagene, ma è importante verificare la presenza di una sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS) anche in persone che hanno avuto trombosi, aborti o piastrinopenia senza ragione apparente. Alcuni segnalano la presenza frequente di anticorpi antifosfolipidi in giovani che hanno superato un infarto cardiaco o un ictus.

L'incidenza della sindrome nella popolazione generale non è ben conosciuta.

Uno screening diagnostico della sindrome antifosfolipidi si può effettuare mediante:

  • Titolazione anticorpi anti cardiolipina;

  • Titolazione anticorpi anti–beta-2glicoproteina 1 (cofattore)

  • APTT, KCT (kaolin clotting time), DVVRT per la ricerca del Lupus anticoagulant (LAC)

  • ANA (Anticorpi antinucleo) in caso di anamnesi che orienta per malattie autoimmuni e se gli ANA risultassero positivi è opportuno un approfondimento diagnostico richiedendo: CH 50 C3 C4 (complementemia totale e dosaggio delle frazioni C3 C4 del complemento), Anticorpi anti-DNA nativo e denaturato, ENA e anti Ro (antigeni nucleo estraibili).

 

LA TERAPIA DELLA SINDROME DA ANTICORPI ANTIFOSFOLIPIDI

In gravidanza può risultare utile al fine di intraprendere una adeguata terapia, dividere le donne a seconda del grado di interessamento, potremmo infatti distinguere:

  • Donne con sola storia di insuccessi ostetrici (senza episodi tromboembolici) come aborto ricorrente, morti fetali oltre la 10° settimana, parto pretermine a meno di 34 sett. (associato molto spesso a pre-eclampsia e/o insufficienza placentare con IUGR). In questi casi la terapia si basa su: ASA a basse dosi ed eparina a dosi profilattiche;

  • Donne con storie di insuccessi ostetrici e fatti tromboembolici

Se si riscontra positività per anticorpi antifosfolipidi, ma non ci sono precedenti di trombosi o aborti, la maggior parte dei medici raccomanderà controlli periodici senza alcuna prescrizione di farmaci. Potrebbero esserci eccezioni, per cui è necessaria un'attenta discussione con il medico.

Se c'è stato un episodio di trombosi, in genere viene intrapresa terapia anticoagulante (farmaci che contrastano la formazione di coaguli di sangue). I farmaci più usati sono:

  • L'aspirina. Questo farmaco è relativamente sicuro, ma il suo effetto è abbastanza limitato;

  • La Warfarina. Questo farmaco ha un potente effetto anticoagulante ed è il prodotto di elezione in molti casi, comunque, l'azione anticoagulante differisce considerevolmente per ogni individuo, quindi è necessario un monitoraggio accurato durante la sua assunzione. Inoltre, possono comparire seri effetti collaterali, tra i quali la tendenza al sanguinamento. E' possibile diminuire in modo significativo il rischio di trombosi controllandone l'uso in modo corretto con un medico esperto;

  • L'Eparina. Anche questo farmaco diminuisce significativamente il rischio di trombosi in pazienti con sindome da anticorpi antifosfolipidi (APS) tuttavia esso richiede un'iniezione sottocutanea una o due volte al giorno ed è necessario un controllo rigoroso degli effetti che può determinare;

  • In casi eccezionali potrebbero essere indicati corticosteroidi o immunosoppressori per abbassare il titolo degli anticorpi antifosfolipidi.

 

GRAVIDANZA E SINDROME DA ANTICORPI ANTIFOSFOLIPIDI (APS)

Se una donna con APS entra in gravidanza, è necessaria una sorveglianza molto attenta da parte di un ostetrico, contemporaneamente ad una sorveglianza reumatologica o immunologica. Nel caso questa donna con APS non abbia avuto aborti precedenti, potrebbe non essere indicata alcuna terapia ma spesso in ogni caso si prescrive l'aspirina a basse dosi.

Se invece è presente una storia di aborti, si consiglia la terapia anticoagulante, la maggior parte delle volte con aspirina o eparina. Questi farmaci sono efficaci in molti casi e sono ritenuti a rischio relativamente basso per il feto. In alcune circostanze può essere presa in considerazione una terapia con cortisone o immunoglobuline endovena. I corticosteroidi sono stati usati spesso, ma recentemente il loro utilizzo sta diminuendo a causa degli effetti secondari, quali ipertensione, diabete mellito, osteoporosi e iperlipidemia. Potrebbero ancora essere indicati in alcuni casi, come in quelli nei quali è necessario controllare un eventuale LES di base.

Alcuni dei farmaci usati nell'APS o in altre malattie autoimmuni non sono adatti per l'uso in gravidanza. Quindi, una volta in gravidanza, è necessario un'immediato consulto con il medico. In particolare, la warfarina potrebbe risultare teratogena (tende a causare malformazioni durante lo sviluppo del feto) e non dovrebbe essere usata da persone che desiderano avere un figlio.

Sebbene si sappia che le pazienti con APS sono ad alto rischio di aborto, per la maggioranza di esse ci sono buone possibilità, con una terapia adeguata, di generare un bambino sano. La terapia può essere diversa da paziente a paziente, dal momento che ognuna ha problemi diversi, e non è stato ancora stabilito un modello unico di cura per le gravidanze complicate da sindrome da antifosfolipidi.

 

COME VIVERE CON LA SINDROME DA ANTIFOFOLIPIDI

Nella maggior parte dei casi l'APS è una malattia cronica e spesso dura tutta la vita. I pazienti possono di tanto in tanto andare incontro ad episodi trombotici di conseguenza i farmaci anticoagulanti possono essere prescritti per periodi di tempo molto lunghi e talora per tutta la vita. Una brusca interruzione di questi farmaci può portare a gravi complicanze, quali ictus o infarti cardiaci, quindi è necessario per i pazienti discutere i vantaggi e gli svantaggi dell'utilizzo di tali farmaci con il proprio medico.

In corso di terapia anticoagulante con warfarina è importante evitare i traumi cranici o corporei che potrebbero causare gravi emorragie interne. Si dovrebbero evitare sport come: pugilato, football americano, calcio e sport a motore.

Come ricordato prima, l'effetto degli anticoagulanti è diverso in ogni individuo e può essere influenzato dall'assunzione di determinati alimenti. Questi farmaci possono anche causare effetti collaterali, come tendenza al sanguinamento o disfunzioni epatiche. Dovrebbero essere seguite attentamente le raccomandazioni del medico. E' anche molto importante evitare altri fattori di rischio trombotico, quali: fumo, iperlipidemia o contraccettivi orali. In molti casi, una terapia anticoagulante adeguata metterà i pazienti in condizione di condurre una vita soddisfacente e priva di gravi complicazioni.

Le donne, per risultare affette da questa sindrome dovrebbero presentare almeno un criterio clinico più uno di laboratorio nel corso della loro malattia. Gli esami di laboratorio devono essere positivi in almeno due occasioni distanti tra loro più di tre mesi.

Purtroppo anche dopo le opportune e approfondite indagini diagnostiche, è possibile individuare una causa nota in circa il 50% dei casi e nel restante si parla di poliabortività inspiegata. Recentemente si sta dando rilievo anche a fattori ambientali che possono interferire con il successo della gravidanza, quali ad esempio il tabagismo, l'abuso di alcool, un'alimentazione sregolata, lo stress lavorativo etc...

L'aborto ricorrente può indurre risposte emozionali pronunciate come:

  • Ansia;

  • Depressione;

  • Negazione;

  • Rabbia;

  • Problemi coniugali;

  • Senso di perdita e di inadeguatezza;

La stabilità del rapporto di coppia potrebbe essere inoltre fortemente minata da tale situazione come anche l'efficienza lavorativa e il benessere generale della donna. Inoltre le coppie che hanno fatto esperienza di poliabortività seguono percorsi diagnostici e terapeutici molto lunghi ed impegnativi anche dal punto di vista economico ed i frequenti insuccessi contribuiscono ad accentuare il senso di frustrazione e lo stress psicologico.

Abbiamo visto che le cause attualmente conosciute di un aborto spontaneo possono essere diverse e non facili da diagnosticare per cui, il consiglio, a fronte di un problema di poliabortività, è quello di rivolgersi quanto prima ad uno specialista in problemi di fertilità.

 

ACCERTAMENTI CONSIGLIATI IN CASO DI ABORTO RICORRENTE ((o pregressa MEF)

  • Anamnesi clinica della paziente;

  • Cariotipo della coppia e consulenza genetica;

  • Ecografia pelvica;

  • Eventuale Isteroscopia o isterosalpingografia o SIS;

  • Ricerca di agenti patogeni TORCH e non TORCH;

  • Esame microbiologico vaginale e cervicale (tampone vaginale con antibiogramma per Herpes, Chlamydia, Trichomonas, Candida). Eventuale Coltura endometriale;

  • Ricerca anticorpi: antifosfolipidi, antinucleo, anti DNA, antimitocondri, anticardiolipina, antiendotelio, fattore anticoagulante tipo Lupus (LAC);

  • Immunoglobuline sieriche, C3, C4, CH50, immunocomplessi circolanti;

  • Test coagulativi (Emocromo con conta piastrinica, Fibrinogeno, PT, PTT, antitrombina III, proteina C, proteina S, APC resistance). Ricerca dei genotipi trombofilici;

  • Tipizzazione HLA;

  • Test di funzionalità tiroidea;

  • Curva glicemica da carico orale;

  • Eventuale controllo della pressione arteriosa delle 24 ore:

  • Spermiogramma e spermio coltura.

Sintomi menopausa - La visita ginecologica